Sulla collaborazione del governo svizzero con la Libia

L’11 dicembre Amnesty International ha pubblicato il rapporto “Libia: un oscuro intreccio di collusione”, denunciando la complicità dei governi europei (e della Svizzera) con le torture e le violenze contro decine di migliaia di migranti e rifugiate/i detenute in Libia.

Nello specifico, nel testo di presentazione che accompagna la pubblicazione del rapporto, si legge che la Svizzera collabora attivamente con le autorità libiche, nello specifico nell’ambito del Processo di Khartoum1 e del Gruppo di contatto per il Mediterraneo centrale (GCMC)2, che raggruppano degli Stati africani ed europei, particolarmente toccati dalle migrazioni che attraversano il Mediterraneo. L’ultimo incontro del Gruppo di contatto si è svolto a metà novembre a Berna, su invito della Svizzera. La Svizzera inoltre ha messo 1 milione di franchi a disposizione dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM), destinati alla formazione all’equipaggiamento delle guardie costiere libiche.

Nella scheda informativa pubblicata in vista dell’ultimo incontro del Gruppo di contatto del Mediterraneo centrale, il Dipartimento Federale di Giustizia e Polizia (DFGP) e la Segreteria di Stato della Migrazione (SEM) scrivono infatti che la Dichiarazione di intenti di questo ente è:

  1. Potenziare l’attività della Guardia costiera libica

  2. Ampliare le capacità di protezione dei migranti in Libia

  3. Monitorare il confine meridionale libico.

Subito dopo la SEM ed il DFGP comunicano che grazie alle misure subito messe in campo dal GCMC dall’inizio dell’anno, ad esempio, sono state salvate dall’annegamento più di 14 000 persone grazie al soccorso in mare della guardia costiera libica.

Una settimana dopo la pubblicazione di queste parole, un video che forniva l’ennesima conferma delle atrocità commesse dalla Guardia costiera libica nel suo sporco lavoro di impedire ai/alle migranti di lasciare vivi/e la Libia ha fatto il giro del mondo. Le immagini sono agghiaccianti: l’equipaggio sull’imbarcazione delle guardie costiere libiche, non solo non presta soccorso a decine di migranti su un gommone che sta affondando, ma addirittura fa di tutto per impedire che molti di essi/e si salvino. In quell’occasione sono morte annegate oltre 50 persone, e altre 50 sono state riportate nei campi di prigionia in Libia su un’imbarcazione donata dal governo italiano alla guardia costiera libica. Ecco per quanto riguarda la formazione e l’aiuto tecnico dei paesi europei e della Svizzera alle guardie costiere libiche…

Anche Amnesty International afferma senza esitare che: “Aiutando le autorità libiche a intrappolare le persone in Libia senza chiedere che pongano fine alle sistematiche violenze contro rifugiati e migranti o come minimo che riconoscano l’esistenza dei rifugiati, i governi europei stanno mostrando quale sia la loro reale priorità: la chiusura della rotta del Mediterraneo centrale, con poco riguardo per la sofferenza che ne deriva”

Alla fine del suo rapporto però, la sezione svizzera di Amnesty International scrive che la recente decisione della consigliera federale Simonetta Sommaruga di accettare 80 rifugiati/e “vulnerabili” in provenienza dalla Libia sul suolo svizzero è un “gesto umanitario importante”. Dichiarazioni del genere da parte del governo elvetico sembrano invece delle abili mosse di public relation per rafforzare la facciata di neutralità umanitaria della Svizzera e della sua consigliera federale socialista a capo del DFGP. Come dire: accogliamone 80 che tanto al lavoro sporco di lasciarli affogare, alle torture ed agli stupri ci pensano i libici… Ma questo non stupisce.

Ricordiamo che la SEM e la ministra Sommaruga stanno mettendo in atto il Piano Settoriale Asilo, ossia la costruzione di una ventina di nuovi campi federali per persone migranti e rifugiate in Svizzera, al fine di applicare più efficacemente la velocizzazione delle procedure d’asilo e delle espulsioni. Come nei centri di “accoglienza” e vari bunker ora in funzione, il contatto delle persone migranti con l’esterno sarà fortemente limitato e controllato, aumentando ulteriormente l’isolamento e la stigmatizzazione. L’accesso sarà riservato unicamente ai/alle dipendenti delle aziende che vi lavoreranno, come le aziende si sicurezza (ad esempio la Securitas) o di assistenza (ad esempio l’ORS o la Croce Rossa) e alla polizia. Unica eccezione, un insieme di associazioni umanitarie e caritatevoli selezionate denominata “Piattaforma società civile nei centri della Conferderazione per richiedenti l’asilo”, di cui fa parte anche Amnesty International, per una gestione “swiss made” e democratica della pace sociale all’interno di questi lager di stato.

Per concludere, ricordiamo che in seguito ad una chiamata per una mobilitazione contro il summit del GCMC svoltosi a Berna lo scorso mese di novembre, si erano svolte diverse azioni contro obbiettivi legati alla politica migratoria e alle frontiere.

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