Basel Nazifrei: la nostra risposta ai processi

20 novembre 2020 – Riceviamo e pubblichiamo

Dal luglio 2020 a Basilea sono in corso dei processi penali contro “Basel Nazifrei”. Degli/lle antifascist* sono in parte condannat* a pene detentive (con la condizionale o senza la condizionale) per la mera presenza alla manifestazione antifascista del 2018. Le accuse nei processi sono: “violazione della pace”, “violenza passiva e minacce contro autorità e funzionari” e in alcuni casi “lesioni personali” o “tentativi di lesioni personali con un oggetto pericoloso”. Già nei primi processi è emerso che i tribunali seguono in larga misura le assurde richieste di condanne della procura di Stato. Inizialmente, per aver partecipato alla manifestazione, sono state pronunciate pene detentive condizionali fino a 7 mesi. La condanna più “lieve” è stata una multa di 2’700 franchi con la condizionale. Il 21 settembre 2020 un’antifascista è stata poi condannata a 8 mesi di carcere senza la condizionale. Una delle ragioni della procura di Stato per giustificare questa sentenza è stato il fatto che l’imputata abbia difeso la sua posizione antifascista in tribunale e sia stata quindi considerata dal giudice come una “delinquente per motivi ideologici”. Il livello di queste sentenze è inedito, così come il fatto che delle persone vengono condannate per violenza passiva e minacce passive. In tribunale c’erano anche due persone che hanno già combattuto attivamente contro il fascismo in Turchia. A causa della persecuzione politica da parte dello Stato turco entrambe hanno dovuto lasciare la Turchia per non finire per anni nelle prigioni della coalizione fascista AKP-MHP di Erdogan. Ora sono state condannate a pene detentive condizionali in Svizzera.

Sullo sfondo

Il 24.11.2018 circa 100 membri del partito di estrema destra PNOS (Partito dei Nazionalisti Svizzeri) si sono riuniti sulla piazza Messeplatz a Basilea. Ad essi si sono oppost* 2.000 antifascist* che sotto lo slogan di “Basel Nazifrei” non hanno lasciato spazio alle idee nazionalsocialiste. Questa manifestazione antifascista è stata ampiamente sostenuta dalla società: giovani e anzian*, persone con e senza esperienze migratorie, persone singole e intere famiglie, persone bianche e persone di colore, attivist* provenienti da tutta la Svizzera e dai paesi vicini erano lì per confrontare i nazisti e cacciarli. La manifestazione non era autorizzata ma aveva tutta la legittimità del mondo. E durante il corso della giornata si è dimostrato il successo dell’ampia collaborazione: i nazisti del PNOS, il cui leader locale Tobias Steiger poco tempo fa ha fatto notizia con la sua proposta di sterilizzazione forzata delle persone ebree, non hanno avuto scampo. Il 24.11.2018 rappresenta quindi un successo: è stato dimostrato che l’antifascismo è ampiamente sostenuto e che 2’000 persone non hanno bisogno di un’autorizzazione dello Stato per bloccare l’accesso ai nazisti nell’accedere e divulgare la loro ideologia disumana in città. A questo e alla conseguente perdita di controllo della polizia sulla grande manifestazione antifascista il potere statale di Basilea ha reagito con estrema violenza: sono seguite una serie di perquisizioni domiciliari, un’elaborata gogna online e l’avvio di un procedimento contro 60 persone da criminalizzare per aver partecipato a una manifestazione non autorizzata.

Classificazione politica della repressione

Già prima dell’inizio dei processi il modo di procedere della procura di Stato aveva un chiaro obiettivo: intimidire i giovani antifascisti e indebolire a lungo termine la sinistra extraparlamentare. Alcuni mesi dopo la manifestazione ci sono state diverse perquisizioni domiciliari e alcuni tentativi da parte della procura di Stato di mettere in arresto preventivo diverse persone. Con la gogna online l’intimidazione e la criminalizzazione dell’antifascismo hanno assunto un’ulteriore dimensione. Le sentenze finora espresse sottolineano il carattere politico di questi processi: 8 mesi di reclusione senza la condizionale per aver partecipato alla manifestazione antifascista è un attacco mirato a tutta la sinistra extraparlamentare. La procura di stato di Basilea cerca di stabilire nuovi standard per le azioni penali nei confronti di manifestanti. Finora i/le manifestanti sono stat* condannat* per violazione della pace solo se le prove non erano sufficiente per una condanna basata su azioni individuali. La novità è che la procura di Stato ricorre anche alla denuncia per “violenza e minacce passive” e quindi le sentenze espresse sono più alte. Questi procedimenti e le sentenze emesse finora sono tentativi di intimidazione. La repressione ha lo scopo di lasciare tracce da cui il movimento non si riprende così rapidamente. Le prove presentate dalla procura di Stato mirano a produrre un’immagine del “teppista violento” che si reca a Basilea per cercare il confronto con la polizia. In questo modo si distrae dalla necessità politica di partecipare alla manifestazione antifascista, si depoliticizza l’antifascismo. Consideriamo l’intensificarsi del procedimento penale come un chiaro attacco al diritto di riunione e ai movimenti sociali in generale.

Lo Stato: apparato amministrativo dei privilegiati

Quando si tratta di fascismo e di tendenze fasciste, lo Stato svizzero non è così innocente come ama fingere. Soltanto quest’anno, la Svizzera incrementato la sua partecipazione all’agenzia Frontex, inviando più denaro e più funzionari. Decine di migliaia di persone sono rinchiuse nei campi delle isole greche in condizioni disumane. Navi da guerra e droni controllano i confini e contribuiscono attivamente all’annegamento di migliaia di persone. La Svizzera cofinanzia direttamente questi progetti disumani. Ma la Svizzera ha anche i suoi campi e i suoi bunker per persone rifugiate. La Svizzera si impegna anche a sostenere i regimi fascisti come quello di Erdogan. Mentre la Turchia bombarda le città curde e occupa il progetto rivoluzionario di democrazia diretta Rojava nel nord della Siria, la Svizzera collabora strettamente con lo Stato fascista turco sia economicamente che politicamente.

E mentre in Germania le persone migranti vengono assassinate dai neonazisti sotto gli occhi dello Stato, i fascisti vogliono marciare a Basilea. La polizia li protegge e ferisce pesantemente un manifestante antifascista. La procura di Stato mette le persone alla gogna e ordina perquisizioni domiciliari. I/le manifestanti antifascist* devono essere mess* in cella per mesi. I tribunali condannano sulla base delle leggi della classe dirigente.

Questa è la violenza che sta al centro di questo ordine sociale, che si preoccupa di assicurare privilegi e proteggere la proprietà di pochi. La criminalizzazione e la depoliticizzazione delle lotte antifasciste ne fanno parte. Perché modelli attivi di un movimento forte, autonomo e rivoluzionario indeboliscono l’idea che sia necessaria una classe economica e politica dominante. Devono quindi essere rimossi dalla sfera pubblica borghese, sostituiti dall’immagine depoliticizzata del “teppista violento”. Perché interrogarsi sulla legittimità della resistenza fa uscire dal buio anche le connessioni e gli intrecci tra economia capitalista, “democrazia” borghese e fascismo. Combattere queste relazioni violente significa combattere il capitalismo. Lo Stato borghese non vuole un movimento forte, autonomo e rivoluzionario. Si sente minacciato da questo nei suoi pilastri fondamentali e deve agire contro di esso, mentre non può agire in modo coerente contro le ideologie fasciste. Quindi, se ci affidiamo a un atteggiamento antifascista dello Stato siamo ingenu* e fraintendiamo la ragione dell’esistenza dello Stato stesso: il mantenimento della disuguaglianza sociale con tutti i metodi disumani possibili. Un antifascismo coerente è quindi possibile soltanto in un movimento extraparlamentare, autonomo e rivoluzionario.

Sulla campagna di solidarietà

Contro il tentativo della procura di Stato di criminalizzare l’antifascismo ci organizziamo e siamo unit*. La campagna di solidarietà accompagna i processi e mira a sostenere le persone colpite dalla repressione e a dare un segnale forte contro la criminalizzazione della nostra necessaria lotta politica. Non ci lasceremo intimidire o dividere. Ci organizziamo insieme contro il fascismo e contro le strutture repressive e razziste dello Stato. Unitevi alla campagna, diventate attiv* nelle vostre realtà, in modo che i processi e quindi le azioni divisorie della procura di Stato diventino visibili e rimangano visibili. Il 24 novembre 2018 abbiamo reagito nello stesso modo in cui reagiremo alla prossima marcia nazista – nella chiara consapevolezza che è una necessità storica e attuale difendere la strada contro i fascisti e i nazisti. E nella chiara consapevolezza che non possiamo contare sulle strutture statali in questa lotta. Restiamo unit*, per strada o nell’aula dei tribunali!

Contatti:

Mail: baselnazifrei@immerda.ch

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