Punto della situazione alla frontiera tra Como Chiasso

 

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Di interessi economici, frontiere e militarizzazione

La chiusura delle frontiere svizzere messa in atto durante la cosiddetta «emergenza migratoria estiva», non è solamente l’applicazione temporanea di una «misura eccezionale», ma rientra in un piano d’azione ben piu ampio e articolato. Si tratta di un ulteriore passo atto ad inasprire e consolidare il dispositivo di controllo e repressione già presente lungo la linea di confine. La completa chiusura delle frontiere, giustificata con l’espressione più in voga del momento “situazione emergenziale”, è stata presentata come una momentanea sospensione degli accordi di Schengen, ma il passare del tempo indica effettivamente il contrario: le fondamenta della muraglia repressiva sono ancora ben salde e giorno dopo giorno l’apparato è sempre più fortificato. Mentre a Sud del mondo, la guerra, i deserti ed i mari continuano a mietere vittime, in occidente aumentano proporzionalmente la xenofobia, il razzismo, il controllo, la repressione e le deportazioni.

A Chiasso e Como questi sviluppi si possono osservare sul terreno. Infatti le persone migranti continuano a cercare di varcare il confine. La porta sud del paese rimane però tutt’ora pressoché invalicabile, è sempre e comunque iper-controllata dalle guardie di confine provenienti da tutta la Svizzera, che continuano il lavoro di respingimento e deportazione in Italia. Recentemente è stata inoltrata la richiesta per cui le guardie di confine possano ricevere in dotazione il fucile d’assalto, per rispondere ad una fantomatica “minaccia terroristica” costituita da queste persone.
Da questa primavera in supporto al lavoro delle guardie di confine interverrà l’esercito. Verranno mobilitati anche militari di leva: il corso di ripetizione non sarà un’esercitazione, ma si svolgerà su un terreno reale, come già capita in occasione del World Economic Forum di Davos! Inoltre Ueli Maurer, consigliere federale svizzero del partito di destra UDC, ha già inoltrato la richiesta di mettere a disposizione 50 soldati professionisti da impiegare “in attività logistiche o nei compiti di sicurezza alla stazione di Chiasso”.

Il centro di “riammissione semplificata” di Rancate, carcere per migranti in detenzione amministrativa, è tutt’ora in funzione. Si tratta di un edificio industriale di proprietà della ditta Puricelli (la quale riceve una retribuzione per ogni persona rinchiusa), allestito da militari e protezione civile e gestito da quest’ultima e da agenti della Securitas. Ad inizio gennaio 2017 è stato pubblicato il bando di concorso per l’agenzia di sicurezza che prenderà in appalto la gestione, dal quale si deduce che il centro sarà sicuramente attivo fino all’autunno 2017, nonostante l’estate scorsa fosse stato presentato come una “soluzione temporanea”.

È invece del 3 febbraio la notizia che su un terreno di proprietà delle Ferrovie Federali Svizzere (FFS) di circa 13.000 metri quadri, a cavallo dei comuni di Novazzano e Balerna, verrà costruito uno dei campi federali per persone richiedenti l’asilo, strutture progettate in tutta la Svizzera nell’ambito della velocizzazione delle procedure d’asilo sul modello del campo “sperimentale” di Zurigo. Questo centro avrà una capienza di 350 posti, mentre il centro di registrazione di Chiasso attualmente in funzione nei pressi della stazione ferroviaria invece verrà usato unicamente come “primo punto di contatto” per lo “smistamento” delle persone richiedenti l’asilo in altri campi in tutta la Svizzera. Fino a quando il centro di Balerna-Novazzano non sarà pronto (apertura prevista per il 2019), la confederazione continuerà ad usare il centro di Chiasso per alloggiare i/le persone richiedenti l’asilo.

L’iter è sempre lo stesso: le persone che varcano il confine svizzero vengono automaticamente controllate in base al colore della pelle e se non in possesso di documenti validi, vengono deportate in Italia, o portate nel carcere di Rancate e in seguito riconsegnate alle autorità italiane.

È evidente che in Svizzera, come altrove, esiste un regime migratorio gestito e controllato in maniera funzionale agli interessi del potere, lo si può anche notare con l’intervento dell’esercito: un problema causato dalle attuali trasformazioni geopolitiche viene gestito con la militarizzazione e il rafforzamento delle forze dell’ordine, considerando le persone migranti una minaccia di guerra. Tutto questo crea delle situazioni di apartheid come per esempio alla stazione ferroviaria di Chiasso, dove quotidianamente vi sono controlli razziali, così come lungo tutto il confine e nelle principali stazioni ferroviarie, non solo in Ticino ma in tutta la Svizzera.

Infatti, le Ferrovie Federali Svizzere (FFS) sono tra i primi complici nel mantenere ben salda “la caccia al migrante” in quanto permettono ritardi di treni o cambiamenti immediati di binari e/o treni per agevolare il lavoro di selezione razziale e di controllo operato dalle guardie di confine e della polizia ferroviaria. Pare inoltre evidente come le guardie di confine stanziate a Chiasso controllino le immagini di ogni treno proveniente dall’Italia dotato di telecamere prima che arrivi in stazione, per individuare le persone che tentano di varcare il confine nascondendosi in bagno o sotto i sedili ed in generale fermare i/le potenziali persone sospettate di poter essere “migranti”.

Il clima securitario che si respira nel Mendrisiotto e nel resto del cantone, è alimentato anche dagli appelli radiofonici sulle emittenti statali che invitano la popolazione a segnalare alla polizia l’eventuale presenza di persone “sospette” a piedi sull’autostrada e lungo la frontiera verde. Ogni buon “cittadino-sbirro” è invitato a dare il suo contributo per difendere la patria!

A Como, le persone che vengono identificate come migranti, non hanno la possibilità né di radunarsi nei parchi, né di incontrarsi con eventuali persone solidali, perché vengono subito separate da polizia e DIGOS, mentre alla stazione San Giovanni è perennemente presente una camionetta che presidia i dintorni. Sulla frontiera stradale tra Chiasso e Ponte Chiasso si può spesso vedere un pullman della Rampinini atto alla deportazione negli hot-spot a nel Sud Italia ed un altro cellulare della polizia italiana fungente da scorta.

È stata presentata l’idea di costruire un hot-spot a Como, il cui sindaco indica la situazione come degradante e insostenibile, mentre intanto nel centro di accoglienza della Croce Rossa un giovane 13enne ha tentato il suicidio nella totale indifferenza. Contemporaneamente nel resto d’Italia si sta delineando la riapertura di diversi CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione).

Notare l’incessante continuazione dei conflitti e della devastazione nei territori a Sud del mondo, la costrizione nei confronti di migliaia di persone a scappare dalla propria vita, imbattendosi in viaggi spesso più fatali che liberatori, è forse ormai ovvio e ripetitivo. Ricordare però le responsabilità del sistema capitalista imperante, di chi giustifica sofferenza, morte e devastazione, con l’aumento della cifra d’affari e dell’incremento dei conti degli sfruttatori, non è mai troppo e non ci si stancherà mai di ribadirle. I politici tramite i loro mezzi d’informazione e i loro servili giornalisti, non cessano di affrontare la questione come una minaccia da cui difendersi. Da destra a sinistra il fenomeno migratorio attuale è un “problema da risolvere” tramite controllo, militarizzazione del territorio, repressione, respingimenti e deportazioni.

In altre parole, questo subdolo sistema, dapprima trae i suoi profitti saccheggiando le materie prime delle terre a Sud del mondo, e in seguito gonfia le tasche delle proprie industrie belliche vendendo le armi ai vari regimi dittatoriali e alimentando i conflitti.

A questo proposito, è interessante sottolineare che la Ruag, ditta di armamenti svizzera, ha una stretta collaborazione con Israele per la produzioni di droni, e non solo; in Svizzera vengono usati per controllare i confini a caccia di migranti senza documenti mentre in Israele vengono usati dall’esercito per bombardare il popolo palestinese.

Gli interessi della ricca, pacifica e ipocrita Svizzera sono troppo grandi per mettere in discussione un’apertura delle frontiere, ma sappiamo bene che questi muri sono solo alcuni degli strumenti di cui il sistema dello sfruttamento si serve per mantenere invariato lo stato attuale delle cose.

Le frontiere e l’insieme degli apparati che reggono il regime della migrazione vanno delegittimati e combattuti in qualunque ambito e sotto ogni aspetto, come anche ogni ingranaggio del capitale.

Nostro nemico non sono le persone che migrano ma questo regime democratico.

Nostro nemico è chi decide sulle nostre vite e ci nega la libertà strumentalizzando il fenomeno della migrazione in modo da distogliere l’attenzione dai reali motivi che caratterizzano le problematiche di questo sistema.

Nostro nemico è la frontiera che decide il valore o meno di un essere umano.

Nostri nemici sono il sistema capitalista, ogni razzismo e nazionalismo.

Contro le frontiere, chi le erige e chi le difende!

Dal Sud della fortezza elvetica, alcunx nemiche e nemici di ogni frontiera.