Comunicato del collettivo R-esistiamo sulla pseudo chiusura del bunker di Camorino.

Riceviamo e diffondiamo:

In seguito all’annunciata pseudo chiusura del bunker di Camorino vi
invitiamo a leggere e diffondere il comunicato “NESSUNO DEVE VIVERE SOTTOTERRA” e a guardare il video del presidio del 09.04.2022 davanti al bunker:

Entrambi riassumono pure l’ultima giornata di presidio davanti al bunker
di sabato 9 aprile, dove due persone sono riuscite a entrare all’interno
della fatiscente struttura.

La lotta continua – Tuttx liberx,
Collettivo antirazzista R-Esistiamo

NESSUNO DEVE VIVERE SOTTOTERRA

Dopo anni di pressioni, lotte, presidi, scioperi della fame, petizioni,
discussioni è giunta finalmente la decisione di mettere –
momentaneamente – fine a quella vergognosa e indegna situazione che
risponde al nome di bunker di Camorino. Una decisione forse in parte
inaspettata ma che testimonia come da anni le autorità politiche di
questo cantone, coadiuvate dai vari uffici cantonali (popolazione e
migrazione) e dalle varie strutture gestionali (Croce Rossa, SOS,
Securitas, ecc.) abbiano lavorato in un contesto di perfetta illegalità,
facendo vivere delle persone sottoterra in condizioni disastrose.
Illegalità in quanto le norme di abitabilità, di edilizia, di igiene,
sanitarie non sono mai state rispettate. Allo stesso modo il prospettato
ampliamento della struttura sopra-terra (mantenendo comunque la parte
del bunker in funzione: per cosa? Per punire e isolare?) sembrerebbe
essere un’altra situazione limitativa e coercitiva delle persone.

La farsa della mancanza di spazi dove alloggiare le persone è l’ennesima
presa in giro che viene smentita dalla «corsa alla solidarietà» nella
questione della crisi ucraina: mentre per anni è stato sistematicamente
negato un alloggio decente a persone in fuga da guerre, violenze e
persecuzioni, la macchina dell’alloggio risulta ora improvvisamente
funzionante e il cantone si propone addirittura di pagare l’affitto a
chi ospiterà persone – rigorosamente bianche europee – in fuga
dall’Ucraina. Confermando – se mai ce ne fosse il bisogno – che la
discriminazione di razza, di pelle e di provenienza è un assunto
oggettivo perpetrato in prima istanza dai vertici dello Stato.

La decisione di spostare le 17 persone da anni recluse nel bunker (per
trasferirle comunque in una situazione abbastanza isolata) testimonia
pure che la situazione nel bunker era inaccettabile e insostenibile. E
quanto è stato speso per mantenerla in tutti questi anni? I responsabili
politici (Gobbi, De Rosa, Beltraminelli su tutti) si sono mestamente
negati a intervenire, giustificando anzi il bunker come situazione
“modesta ma idonea”(CdS 19.6.2020). Cosa del resto anche sostenuta
dall’autorità medica cantonale (Merlani) che non ha mai ritenuto la
situazione all’interno del bunker come un’emergenza sanitaria a cui
mettere fine.

Sabato 9 aprile come collettivo antirazzista R-Esistiamo ci siamo quindi
di nuovo recat* a Camorino per un presidio di fronte al bunker dove sono
ancora recluse 17 persone. Dopo essere rimast* davanti ai cancelli
dell’entrata principale dell’area, ci siamo spostat* a ridosso
dell’entrata del bunker. A proteggere l’accesso dell’indegna struttura
una ventina di poliziotti e di agenti securitas in evidente difficoltà
nella gestione logistica-organizzativa e nel contenere la volontà del
centinaio di persone presenti di provare a entrare nella struttura e
documentare la situazione all’interno.

Dopo vari interventi, musica e una trattativa per poter entrare, verso
le 18.00, a due persone è stato concesso di accedere all’interno del
bunker, con tutta una serie di condizioni (consegna documento
d’identità, indirizzo, numero di telefono e cellulare, divieto di foto e
filmati, perquisizione personale e degli effetti) imposte solo in
seguito, quanto tutte le altre persone accettavano di uscire dal
perimetro.

Il bunker visto con i nostri occhi è ancora più desolante e fatiscente
di quanto le fotografie ricevute da persone ormai rimpatriate con la
forza, ci abbiano lasciato intendere. Ed è qui riassunta l’illegalità di
cui sopra: nessuna struttura – gestita soprattutto dal cantone, che
dovrebbe dare l’esempio – dovrebbe mai rimanere aperta un giorno in più
in queste condizioni. Pessima qualità dell’aria; le 2 (!) docce e i 2
(!) WC umidi, pieni di muffa e malfunzionanti; spazi piccoli e nessun
armadietto dove riporre le proprie cose; letti traballanti e mal messi.

Impensabile pure che, in un cantone in cui vigono leggi ferree rispetto
all’abitabilità degli spazi e rispetto ai metri quadrati di cui una
persona dovrebbe beneficiare per vivere, in cui ogni locale deve
ricevere luce e aria diretta, in cui la superficie delle finestre deve
corrispondere almeno al 10% di quella di base del locale, in cui
addirittura per costruire una stalla o un pollaio bisogna sottostare a
regole molto rigide, lo Stato rinchiuda più persone sottoterra.
Tanto che le stesse persone testimoniano che condizioni simili non le
hanno mai trovate nelle loro peripezie. E non parliamo di un «alloggio»
per qualche giorno (e nemmeno delle consuete 3 settimane dei corsi
ripetizione) ma di mesi se non anni, come l’esempio dell’uomo eritreo,
lì rinchiuso da 6 anni.

Oggi più che mai risulta evidente che esiste una chiara possibilità di
ospitare persone in fuga da guerre, violenze e persecuzioni. Che
l’accesso a un alloggio decente, a un permesso di soggiorno, alla
sanità, alla scolarizzazione, al mondo lavorativo e alla possibilità di
movimento è possibile.

Tutte questioni che alla popolazione segregata nel bunker di Camorino o
in altre strutture coercitive dislocate sul territorio, sono state
brutalmente negate.

Perciò come Collettivo R-Esistiamo ribadiamo:

1. Che nessuna persona venga più tolta da situazioni abitative
decenti per essere spostata in luoghi insalubri e non pensati per
alloggiare persone per periodi oltre qualche giorno (es. bunker).
2. Che le persone lì sotterrate siano rapidamente ri-alloggiate in
appartamenti e/o al limite in un centro. Non devono per forza stare
assieme, non sono una famiglia che non andrebbe separata.
3. Che cessi immediatamente la politica dei rimpatri forzati.
4. Che a chi lo richiede venga data da subito la possibilità di
poter svolgere un’attività lavorativa legale con un permesso di lavoro.
5. Che la possibilità di un alloggio decente, di un permesso di
soggiorno, l’accesso alla sanità, alla scolarizzazione sia garantito a
tutte le persone che ne fanno richiesta.
6. Che quel luogo fatiscente di desolazione e di morte venga
immediatamente chiuso e mai più reso funzionante!
7. La libertà di circolazione e di spostamento per tutte e tutti.

Il bunker va chiuso ora.
E nessuno altra situazione di simile coercizione deve mai più esistere.
Ne sopra ne sotto terra!

Collettivo R-Esistiamo