Sabato 5 marzo: presidio contro ogni guerra e ogni militarismo a Lugano.

Riceviamo e diffondiamo:

Sabato 5 marzo, ore 15.30, Pensilina lato via Pretorio, Lugano. Presidio contro la guerra:

 Contro ogni guerra ed ogni militarismo: solidarietà internazionalista!

Ma quale neutralità?

Ancora una volta vediamo riproposta l’ipocrita pantomima della neutralità svizzera. Ipocrita, poiché la Svizzera rappresenta un’importante complice di guerre, a causa della massiva esportazione di armamenti e tecnologie belliche ad opera di diverse aziende svizzere, tra le quali la Ruag, di cui la Confederazione è l’unica azionista. Il settore dell’esportazione delle armi costituisce uno dei pochi ambiti che ha assistito ad un incremento del fatturato durante la pandemia. Quest’ultimo è infatti aumentato del 24% (170 milioni) nel 2020. E come se non bastasse in questi giorni c’è chi cinicamente vuole capitalizzare sulla guerra proponendo un aumento delle spese militari della Confederazione.

Un emblematico esempio del ruolo ricoperto dalla Svizzera in questo settore è rappresentato dai 200 milioni recentemente guadagnati grazie alla fornitura di armamenti per la difesa degli stadi in Qatar, in occasione dei mondiali 2022 (costruiti peraltro con il noto sfruttamento di lavoratori migranti, con oltre 6.000 morti sul lavoro). Secondo Cassis “la neutralità non è indifferenza”. La Svizzera è in effetti tutt’altro che indifferente in merito alla difesa dei propri interessi economici o all’espansione dei propri profitti. Di indifferenza, se ne scorge però parecchia nei confronti delle persone e delle popolazioni a spese delle quali questi obiettivi vengono portati a termine (Qualche esempio: l’oro nazista nelle banche svizzere; gli affari con il Sudafrica durante l’Apartheid; affari con Bielorussia e Kazakistan fino a quando non sono diventati troppo scomodi per l’immagine della Svizzera).

Nessuna pace per chi vive di guerra!

In un sistema capitalista globalizzato, l’unica vera neutralità è quella della ricerca del profitto ad ogni costo, che non guarda in faccia a nessuno. Il saccheggio della natura e il massacro di intere popolazioni rappresentano “effetti collaterali” che pesano poco sui bilanci delle grandi imprese e del PIL dei singoli Stati. Visto il continuo aumento del commercio degli armamenti a livello globale, non deve sorprendere che nel mondo siano in corso decine di conflitti armati. Ogni bomba, granata, drone venduto, ogni guerra dichiarata frutta miliardi. A trarre profitto dalla guerra non sono solo coloro che progettano, producono e vendono armi; ne beneficia anche chi ha bisogno di materie prime e forza lavoro a basso costo; chi ha bisogno di luoghi dove vendere la merce ad alto prezzo; chi come le banche investe nell’industria degli armamenti; chi fa il militare di professione; chi ricostruirà ciò che è stato bombardato; chi detiene il potere e vuole aumentare il prestigio e l’influenza del proprio Stato.

Lo sgomento causato forse dalla vicinanza geografica della guerra in Ucraina (e dal fatto che coinvolge principalmente persone bianche) non deve farci dimenticare che gli stessi governi europei e quello statunitense che ora invocano la pace sono responsabili di decine di conflitti e centinaia di migliaia di morti in tutto il mondo. Sono decenni che questi Stati strumentalizzano popolazioni, effettuano vere e proprie invasioni di terre e massacri in nome di parole d’ordine come “Pace e Democrazia”, usate per celare i reali obiettivi: gli interessi politici ed economici neocolonialisti ed il controllo delle risorse. E non lasciamoci ingannare dai discorsi dei capi di Stato statunitensi ed europei di queste settimane: ogni giorno di cosiddetta “pace” in Occidente, fuori dall’Europa le bombe e le armi continuano a mietere vittime (Siria, Afghanistan, Iraq, Libia, Palestina, Niger, Mali,…).

Ora vari partiti politici affermano di voler accogliere in Svizzera chi scappa dalla guerra in Ucraina, ma perché invece le persone costrette a fuggire da altri continenti martoriati da decenni di guerre e sfruttamento occidentale vengono espulse, deportate oppure rinchiuse in centri di accoglienza (o presunti tali) che sono dei veri e propri lager? Rifiutiamo questa subdola strumentalizzazione della questione migratoria ed esprimiamo solidarietà con tutte le persone che per ragioni umanitarie, politiche o economiche decidono di lasciare il proprio paese per venire in Europa, in questo momento in particolare alle persone che arrivano dall’Ucraina per fuggire dalla guerra, o chi dalla Russia dalla repressione del regime di Putin.

Contro la loro guerra, contro la loro pace!

Rimane fondamentale evitare di cadere in semplificazioni e contrastare le guerre senza naufragare in uno sterile pacifismo, riflettendo a quali siano le cause reali alla radice di questa situazione.

Le guerre contro nemici esterni vengono usate dagli Stati per consolidare il proprio potere e reprimere ogni dissenso e conflittualità sociale all’interno dei propri confini, manipolando le classi sfruttate usate come pedine da sacrificare in nome di una bandiera. Nel caso della Russia di Putin questo sembra evidente. Ma anche alle nostre latitudini, facciamo attenzione a non farci accecare dalla febbre nazionalista e dalla paura. Come si è potuto osservare durante il periodo della pandemia, alcuni dispositivi di controllo delle popolazioni civili possono essere implementati dagli Stati anche in assenza di una “guerra aperta e dichiarata” (lockdown, chiusura delle frontiere, limitazione dei movimenti) con il pretesto di difenderci da un “nemico invisibile.” Come affermano con lucidità dei/delle compagne anarchiche ucrainx: ciò che sta accadendo in Ucraina è un atto di aggressione imperialista: un’aggressione che, se andasse a buon fine, porterebbe al declino della libertà ovunque—in Ucraina, in Russia e probabilmente anche in altri paesi. E aumenterebbe anche la probabilità che la guerra continui e si trasformi in una guerra globale.

Di fronte all’attacco dell’esercito russo in Ucraina, non lasciamoci ingannare dai discorsi dei governi europei, che in nome della difesa di una presunta “pace”, invocano misure militari o aumento degli investimenti in questo settore, per salvaguardare il funzionamento della macchina capitalista e il proprio tornaconto personale. Non lasciamo che i discorsi guerrafondai uccidano lo spirito critico e la risposta istintiva di repulsione che ogni essere umano dovrebbe avere di fronte al massacro su scala industriale costituito dalle guerre dichiarate dagli Stati. Come scritto in un comunicato di Food Not Bombs Mosca diffuso in questi giorni: non prenderemo mai le parti di questo o quello stato, la nostra bandiera è nera, siamo contro i confini e i presidenti parassiti. Siamo contro le guerre e le uccisioni di civili.

Solidarietà con la resistenza dal basso in Russia ed Ucraina

In questi giorni sia in Ucraina che in Russia moltissime persone si stanno opponendo in vari modi alla guerra provocata dallo Stato russo. In Russia, nonostante la censura e la repressione, si stanno svolgendo manifestazioni quasi ogni giorno in diverse città, con centinaia di arresti per il solo fatto di uscire in strada per esprimere la propria opposizione alla guerra. In Ucraina, dei collettivi anarchici raccontano di gruppi auto-organizzati che, basati sul mutuo appoggio e la solidarietà, in vari modi partecipano alla resistenza popolare contro l’invasione dell’esercito russo. Dagli stessi gruppi anarchici ucraini è stata lanciata una chiamata di solidarietà per dei presidi ai consolati e ambasciate russe (come a Berna il 26 febbraio). Rilanciamo la solidarietà anche da Lugano, dove hanno sede molte banche ed istituti finanziari con capitali russi e/o con interessi nel settore degli armamenti e delle materie prime, e che dietro facciate luccicanti e anonimi uffici nascondono i loro affari sporchi di sangue (confidiamo nei “buoni uffici” della piazza finanziaria elvetica per trovare soluzioni anche per i suoi ricchi clienti russi toccati dalle sanzioni…). Sia ben chiaro, a pagare il prezzo delle guerre, non saranno certo oligarchi russi, banche svizzere, o multinazionali europee o statunitensi, ma popolazioni civili succubi di chi dall’alto stabilisce cos’è pace e cos’è guerra…

Solidarietà con la resistenza popolare contro l’imperialismo russo in Ucraina e contro il regime di Putin in Russia! Contro le guerre degli Stati e del Capitale!

No all’invasione militare dell’Ucraina: pace ai popoli, guerra alla guerra!

Nemiche di ogni guerra e di ogni frontiera