Incontri antifascisti: dal femonazionalismo al cospirazionismo.

Fonte: renversé.co

Traduzione a cura di frecciaspezzata del resoconto di un incontro svoltosi a Ginevra il 13.11.2021. Buona lettura!

Il 13 novembre 2021, il collettivo Rafale ha ospitato la Coordination féministe antifasciste ad una tavola rotonda sul femonazionalismo, il femminismo identitario e i gruppi coronascettici. Alcune compagne della Coordination féministe antifasciste ci hanno presentato le linee guida del gruppo e hanno parlato del loro impegno nelle lotte antifasciste e rivoluzionarie. Le ringraziamo di aver risposto al nostro invito, della pertinenza dei loro interventi e del loro impegno politico.

Eravamo in tant* quella giornata e dopo questo bel successo, condividiamo un riassunto dei punti principali esposti nella presentazione.

Una lettura del fascismo e del pericolo dell’estrema destra in Francia.

In Francia, il processo di fascistizzazione del governo è cominciato da oltre 20 anni e progressivamente ha subito un’accelerazione, in particolare con l’arrivo di Macron al potere. Il presidente, che si è presentato come “né di destra né di sinistra”, ha appoggiato sistematicamente le proposte dell’estrema destra durante tutto il suo mandato, in particolare facendo passare delle leggi tese a proteggere sempre di più le forze dell’ordine, dotandole di mezzi, privilegi e soprattutto impunità sempre maggiori.

Queste leggi tendono alla repressione di una parte della popolazione, alla criminalizzazione sempre più grande delle iniziative militanti di sinistra o di estrema sinistra, alla precarizzazione delle persone più povere e alla riduzione delle libertà – accelerata dalla crisi sanitaria – a favore degli interessi della classe capitalista. Tra le misure adottate, la legge sicurezza globale – votata nella primavera 2021 – accresce i poteri delle forze dell’ordine: ad esempio il libero accesso alle telecamere bodycam (telecamere indossabili, N.d.T) da parte dei poliziotti, l’uso di droni nelle manifestazioni e nei luoghi detti “a rischio” quali ulteriori mezzi di controllo e di repressione, come pure l’autorizzazione del porto dell’arma di ordinanza fuori dagli orari di lavoro. Questa legge vuole essere un sostegno alle forze dell’ordine per fare fronte all’aumento della sfiducia ricollegabile alle lotte contro le violenze poliziesche e quella dei Gilets Jaunes, tra le altre.

Parallelamente, Macron si è battuto a favore della legge detta “contro il separatismo”, che ha lo scopo di lottare contro l’islamismo [1] sotto tutte le sue forme, aumentando il controllo sulle associazioni e il servizio pubblico, a difesa di una pretesa neutralità di opinioni politiche e religiose in seno ad esse.

Da un punto di vista mediatico, i discorsi fascisti, xenofobi e islamofobi stanno prendendo sempre più spazio, tanto sui canali di informazione come CNews o BFMTV che sui programmi di grande audience come la trasmissione Touche Pas à Mon Poste (TPMP), in cui R. Ménard, E. Zemmour, J.Messiha, Nemesis ed i loro messaggi di odio vengono ospitati regolarmente, senza nessuna opposizione. Questi spazi offrono loro un palcoscenico ed il potere di rafforzare e banalizzare le idee razziste e sessiste di una parte della popolazione francese. Il che porta all’organizzazione politica e alla creazione di gruppi fascisti, come ad esempio il movimento Génération Z, che ha lo scopo di sostenere l’elezione di Zemmour alle presidenziali.

Più minoritari nel campo politico e mediatico mainstream, ma non meno pericolosi, alcuni gruppi di estrema destra o neofascisti si sono inseriti nelle università francesi: Action Française (A.F.), conosciuta per le sue posizioni nazionaliste e monarchiche, o ancora la Cocarde Étudiante, associazione studentesca conservatrice e nazionalista; questi gruppi diffondono le loro idee in una popolazione giovane trovando nuove reclute potenziali.

Sulla stessa linea, possiamo citare altri gruppi identitari o neofascisti. Il gruppo Génération Identitaire (G.I.), di cui recentemente è stata decretata la dissoluzione per “incitamento all’odio e alla violenza verso gli/le stranier* e la religione musulmana”, conosciuto per delle azioni come l’occupazione del tetto della Cassa per gli assegni famigliari di Bobigny con uno striscione con scritto “soldi per i francesi, non per gli stranieri”, o il blocco di persone in esilio alla frontiera con l’Italia con uno striscione “No way! Back to your homeland!”. Come Bastion social, creato nel 2017, e sciolto dal governo nel 2019, G.I. riappare oggi sotto altre forme. Non bisogna considerare la dissoluzione di questi gruppi come il segno di un potere statale che non sarebbe fascista o in connivenza con i fasci francesi. Al contrario, fa parte della strategia di rafforzamento dell’estrema destra.

Sui social, i canali Youtube di Papacito e di Raptor, per esempio, o le pagine Instagram delle figure o dei gruppi di estrema destra, sono dei luoghi di diffusione delle loro idee su larga scala.

Il femonazionalismo.

Per comprendere il femminismo identitario, conviene definire le differenti forme di femminismo che lo sostengono. Il femonazionalismo, concetto elaborato da Sara Farris [2], è la strumentalizzazione dell’eguaglianza donne-uomini e/o del femminismo rivendicato come tale, a dei fini razzisti, islamofobi e anti-immigrazione.[3]

Esso affonda le sue radici nella storia del femminismo bianco e borghese, fondato su delle logiche imperialiste e razziste. A cominciare dalle prese di posizione di alcune suffragette agli inizi del ventesimo secolo che invitavano a “emancipare le donne delle colonie”, continuando ad esempio nelle cerimonie di “svelamento” delle donne durante la colonizzazione dell’Algeria. Questi discorsi continuano ad essere portati avanti da diverse ONG in numerosi paesi non occidentali e occidentali – in Svizzera la lettera aperta ad Helvetas del collettivo Afroswiss rende bene l’idea – ma vengono pure implementati attraverso diversi progetti di legge contro il porto del velo o con dei discorsi a favore dell’integrazione delle persone migranti e in modo particolare delle donne migranti in Europa occidentale.

Questi discorsi fanno leva sull’oppressione esercitata dagli uomini razzializzati sulle donne razzializzate, per incoraggiare la migrazione di queste donne e coprire cosi bisogni di mano d’opera nei settori della cura e domestici sul mercato del lavoro in Francia e Svizzera; settori disertati dalle donne bianche e borghesi in nome della propria “emancipazione”. L’attenzione rivolta alle donne provenienti dalla migrazione mira unicamente a soddisfare degli interessi neo-liberali e capitalisti.

Il femminismo di Stato, impersonificato da Marlène Schiappa in Francia, è segnato da logiche razziste, islamofobe ed imperialiste. Per esempio, le campagne contro le molestie per strada che prendono di mira specificamente gli uomini provenienti dall’immigrazione post-coloniale, non fanno altro che rafforzare controllo degli uomini “non-bianchi”, con l’aumento della presenza della polizia nei quartieri popolari. A questo proposito, seguono la stessa traiettoria anche i progetti di legge per l’espulsione dei “criminali stranieri” colpevoli di violenze sessuali (già in vigore in Svizzera dal 2016).

Riassumendo, il femminismo maggioritario, portato o sostenuto dallo Stato è un femminismo razzista che trova origine nella storia coloniale e mira ad addossare principalmente agli uomini immigrati, musulmani (o percepiti come musulmani) e/o non-occidentali, la “responsabilità” del sessismo e delle violenze sessuali.

Il femminismo identitario in Francia e Svizzera.

Dal 2013 in poi, in Francia si sono creati diversi gruppi che rivendicano una militanza femminista ma che abbracciano in vari modi le idee femonazionaliste: Antigones, Caryatides, Marianne pour tous, Porteuses ou NAVNAL (Ni à vendre, ni à louer). Il periodo di contestazione del Mariage pour Tous ha dato un impulso a questi gruppi che si oppongono ad un femminismo di sinistra favorevole al diritto di aborto, alla “teoria del genere”, ecc.

Ciononostante, a livello politico e mediatico, queste organizzazioni non hanno avuto lo stesso impatto che ha avuto il gruppo Némesis. Questo collettivo è nato nel 2019 a Parigi e recentemente si è diffuso in altre città francesi fino ad arrivare in Svizzera nell’estate del 2020. Le persone che hanno fondato Némesis facevano già parte della galassia fascista, essendo militanti della Cocarde Etudiante o di Génération Identitaire. Dalla loro primissima azione durante la manifestazione contro le violenze sulle donne del 25 novembre, la loro campagna anti-immigrazione è risultata molto chiara. Che sia sul loro sito internet, nelle loro dichiarazioni ai media, sui loro stickers, nei loro incontri, l’uomo straniero viene definito come il sospetto nr. 1 delle molestie, degli stupri e delle aggressioni sessuali commessi in Francia. In nessun momento viene menzionato il sistema patriarcale, e ancora meno il sistema patriarcale occidentale. Al contrario, le attiviste del gruppo promuovono valori conservatori sostenendo la glorificazione della “femminilità” e delle norme di bellezza dell’egemonia bianca.

Gli uomini bianchi non sono considerati dei nemici, non vengono nemmeno invitati a rimettersi troppo in discussione, ma devono essere difesi e Némesis è qui per farlo. I suoi due obiettivi principali sono la lotta contro l’immigrazione e fare campagna contro un femminismo di sinistra. Con i loro discorsi identitari e nazionalisti e la loro vicinanza con la tesi della “grande sostituzione” [4], Némesis riceve online il sostegno di personalità di estrema destra, identitari, neofascisti, ma anche da parte di vari membri del Rassemblement National, di Génération identitaire, di Valeurs actuelles o di Causeur.

La loro strategia si fonda sull’utilizzo dell’esperienza individuale – che pretendono sia la loro – per farne una regola generale. Benché le statistiche provino il contrario, le attiviste di Némesis affermano che esista un nesso tra l’aumento dell’immigrazione e l’aumento delle violenze sessiste e sessuali. In realtà, è risaputo che la maggior parte delle violenze sessiste e sessuali vengano commesse da dei parenti e più raramente da degli sconosciuti, il che ribalta radicalmente la loro teoria.

In Svizzera, Némesis giunge in un ambiente già molto razzista, che permette di accogliere dei discorsi apertamente identitari e/o contro gli uomini non-bianchi. Da anni, l’UDC – partito politico teoricamente di centro ma a tutti gli effetti di estrema destra – tappezza le città svizzere con messaggi sulle persone che considera straniere rispetto alla “purezza elvetica”. Il partito espone e caricatura le persone migranti associandole al pericolo, al nemico interno. Le dipinge come delle pecore nere, dei truffatori, degli stupratori, ecc.

In tutte le città svizzere siamo testimoni di una grande caccia all’uomo. Una caccia all’uomo nero criminalizzato e il cui corpo diventa un campo di esercizio della violenza, a volte fino alla sua morte. Ebbene sì, in Svizzera numerose persone non-bianche muoiono in seguito agli interventi della polizia. L’ultimo conosciuto è Nzoy, un uomo afrodiscendente ucciso in maniera violenta dalla polizia il 30 agosto 2021. La polizia gode di una tale libertà di agire la propria violenza che lo stesso anno il poliziotto che aveva ucciso Hervé Mandundu, un uomo nero, è stato prosciolto, ha ricevuto un risarcimento di decine di migliaia di franchi ed è stato promosso. In maniera generale, le persone razzializzate vengono maggiormente stigmatizzate e incarcerate. Le leggi tendono a restringere i loro diritti e la repressione che le prende di mira è sempre più importante.

Nel marzo 2020, in Svizzera si è votata l’iniziativa dell’UDC “Sì al divieto della dissimulazione del volto”. Un’iniziativa islamofoba che ha preso di mira le 30 persone che portano il burqa in Svizzera, stigmatizzando una minoranza musulmana e negandole l’autodeterminazione. Un’inziativa che allo stesso tempo colpisce i/le militanti (soprattutto di sinistra) che si coprono il volto per sfuggire alla repressione poliziesca.

Il collettivo identitario Némesis arriva in Svizzera alla vigilia della votazione sulla legge “per delle misure di polizia per la lotta al terrorismo” detta “LMPT”. Una legge che ha lo scopo di prevenire l’estremismo violento – attraverso l’individuazione precoce dei segni di radicalizzazione politica e religiosa – e la lotta contro il terrorismo su basi completamente arbitrarie. Questa legge rafforza i meccanismi di oppressione razzista e le pratiche di disumanizzazione attraverso vari dispositivi: profilazione, sorveglianza, controllo, delazione e smistamento selettivo dei/delle residenti. Prende di mira le persone provenienti da un percorso migratorio – in modo specifico se musulmane – e/o delle classi popolari. La legge giustifica un clima di paura e di timore verso alcune comunità. Il contenuto della legge ed il discorso pubblico diffondono l’immagine – come descritto dal Collettivo Outrage – che un “musulmano è un potenziale terrorista, un povero e un potenziale sedizioso”.

Gli identitari – partiti, individui o collettivi – non sono dei pericoli potenziali, ma sono dei pericoli reali. Mantengono dei legami stretti con i neonazisti, o addirittura sono presenti tra le loro fila.

Oggi, questi ultimi sono tornati in strada nelle mobilitazioni contro il certificado Covid e utilizzano le strade come campo di battaglia. Affiggono la loro propaganda razzista, antisemita e islamofoba, minacciano e aggrediscono fisicamente delle persone di apparenza “straniera”, glorificano il nazismo, ecc. Questo è il contesto nel quale Némesis ha trovato un campo aperto da sfruttare.

In continuità con il collettivo identitario Némesis France, il collettivo Némesis Suisse, che lo scorso mese di giugno ha annunciato la sua creazione, porta avanti una propaganda anti-immigrazione, razzista, islamofoba e transfobica. Avrebbe aperto diverse sezioni in Svizzera francese. La loro linea politica è la stessa di Némésis France: un femminismo identitario.

Le attiviste dicono di “sentirsi abbandonate dalle altre femministe”, in modo particolare da quelle di sinistra, invisibilizzando e de-solidarizzandosi dalle donne con un’esperienza migratoria, dalle lesbiche e dalle persone trans, deridono apertamente le espressioni di genere che non corrispondono alla “femminilità” e alle norme di bellezza universaliste.

Sebbene dicano di non essere alleate con altri movimenti, sono vicine a dei collettivi di estrema destra, neonazisti, monarchici, e in alcuni casi ne fanno pure parte. Per esempio, la presidente e portavoce di Némesis Suisse, Sarah Bottagisio, fa parte del gruppo neonazista Militants Suisses (M.S.), un gruppuscolo neonazista che esiste da circa un anno. Apertamente razzista, alcune delle loro pratiche sono le aggressioni e le minacce di persone razzializzate e la diffusione di propaganda razzista (stickers, striscioni, ecc.). Questo gruppo è conosciuto per essere vicino ai gruppi Résistance Helvétique e Junge Tat, e per celebrare la SS WAFFEN. Fa parte del collettivo Némesis pure la militante neonazista Léa Baeriswyl, appartenente pure ai M.S. e ai giovani UDC.

Visto che non c’è modo di trovare fonti a favore delle loro teorie razziste in Svizzera, queste militanti giustificano la nascita della loro organizzazione al fine di avvisare le svizzere che sarebbero delle “vittime” potenziali. L’unica tattica su cui fanno leva è la paura degli stranieri, senza mai ammettere che le violenze commesse contro le donne sono patriarcali e sessiste e quindi strutturalmente esercitate da uomini cis, senza distinzione di origine o religione. In poche parole, il collettivo Némesis e gli altri collettivi identitari e neonazisti, si accordano perfettamente per attaccare le persone con un’esperienza migratoria extra-europee, in particolare le persone nere e arabe, già prese di mira dalle violenze poliziesche, strutturali e statali. Al contrario di quello che rivendica Némesis, un femminismo senza impegno antirazzista non ha ragione di esistere.

Idee fasciste e coronascettiche: una storia d’amore?

La questione delle misure contro il covid ha fatto emergere numerose contraddizioni in seno alla società. La destra ha mantenuto una posizione pro-economia con leggere variazioni in funzione della propria base. La “sinistra” liberale ha brillato per la sua stupidità e il resto della sinistra parla di protezione dei/delle lavoratori/trici del settore della sanità, e lo sblocco di fondi per far fronte alla crisi economica che si prennuncia.

In ultima analisi, quasi solo l’estrema destra, istituzionale e non, si è espressa in maniera chiara contro l’adozione del certificato covid, cercando di mettere il cappello sulle manifestazioni contro il covid pass un po’ ovunque nel paese. Rare eccezioni: il movimento ginevrino No pass, composto da luoghi di accoglienza, di cultura, di feste e di incontro come il Théatre de l’Usine, lo Spoutnik, la Makhno, la cave 12, ecc., che ha proposto degli spazi di organizzazione alternativa contro il certificato covid, e dei gruppi autonomi che hanno permesso di riprendere le strade durante una manifestazione contro lo stesso certificato, ma anche contro l’estrema destra ed i fascisti qualunquisti che fino a quel momento si stavano mobilitando su questa tematica. Da notare che è l’unica manifestazione che è stata repressa dalla polizia, causando divers* ferit* tra le/i manifestanti.

Il movimento contro il certificato covid, pieno di promotori/trici delle medicine e terapie alternative (new age o di sviluppo personale), ha portato ad una politicizzazione di questi ambienti – che prima non era presente apertamente – e alla loro entrata in scena nello spazio pubblico. In questo modo, l’estrema destra ha trovato ancora una volta un campo libero per mobilizzare una parte della popolazione tra i suoi ranghi. D’altronde, uno dei fattori che spiega il numero di persone che partecipano a queste manifestazioni senza dubbio è l’opacità dietro alla quale gli organizzatori celano le loro posizioni politiche. Tra i “leader” del movimento in Svizzera francese, troviamo Chloé Frammery, Christian Tal Schaller, Ema Krüzi e François de Siebenthal.

Chloé Frammery è presente ancora oggi in tutte le manifestazioni “anti-pass” e le anima anche in gran parte. Frammery ha dei contatti con Dieudonné M’Bala M’Bala, che a sua volta è vicino ad Alain Soral e Jean-Marie Le Pen; inoltre è co-fondatrice del programma mensile online “l’info en QuestionS”, che pretende fare della contro-informazione ma che consiste principalmente a denunciare una “élite mondiale” malvagia e produce un discorso antisemita. Al fianco di Frammery, Christian Tal Schaller è il co-fondatore e partecipante regolare del canale “l’info en QuestionS”. Antisemita confermato, ha un ruolo autorevole negli ambienti antivax attuali e negli ambienti delle medicine non convenzionali dagli anni 1980-1990; inoltre è pure negazionista dell’AIDS e promotore di metodi di cure controverse.

Ema Kruzi è stata una figura centrale del lancio delle mobilizzazioni contro le misure covid ben prima dell’arrivo del pass. È conosciuta soprattutto dall’inizio della crisi sanitaria per i suoi interventi a volte relativisti e altre allarmisti. Interviene regolarmente sul canale di video di Frammery e Schaller. Il suo compagno, Pascal Bouteillon, è anche sostenitore di Qanon (movimento di ideologia complottista di estrema destra sostenuto tra gli altri da Donald Trump) e ha promosso apertamente sui social l’antisemita francese Marcel D.

François de Siebenthal, ha visto crescere la sua popolarità dall’inizio del 2020 quando ha lanciato, a fianco di Frammery e Gérard Scheller, il “comitato cittadino” che ha proposto un referendum contro l’applicazione di tracciamento SwissCovid. Gestisce il blog cospirazionista 1291.one. È vicino alla scena neo-fascista svizzero francese: fa la promozione del gruppo neo-fascista vodese Alternative Nationale e qualche mese fa ha tenuto una conferenza nel caveau di Résistance Hélvetique. Lo stesso gruppo che teneva lo striscione di testa della manif contro il certificato sanitario del 9 ottobre 2020 a Ginevra, non lontano dai giovani UDC di cui fanno parte, lo ricordiamo, Léa Baeriswyl di Némesis. Allo stesso corteo erano presenti inoltre dei neonazi della Haute-Savoie.

Questi quattro personaggi hanno in comune la promozione di tesi vicine, se non identiche, a quelle di Qanon. Questo movimento sostiene che esista un’élite mondiale, che sarebbe responsabile di tutta una serie di atti terribili, che vanno da “l’omicidio di Kennedy, agli attentati dell’11 settrembre 2001, la crisi finanziaria del 2008, la crisi sanitaria legata alla pandemia di COVID-2019 (o addirittura la pandemia stessa)”.

Basta fare un giro sui canali di queste persone per rendersi conto della portata dei danni e dell’influenza che i loro discorsi hanno su molte persone. Sono loro che si mostrano in testa ai cortei nelle città svizzere, dissimulando parzialmente le loro idee e legittimandole con le loro continue bugie. Queste reti di contatti nell’estrema destra – tra Némesis, neonazisti e coronascettici – sono solo la punta dell’iceberg. Oggigiorno, questi gruppi e questi personaggi appaiono ancora minoritari o quasi ininfluenti per una grossa parte della popolazione, eppure, sono ben presenti. E contro le loro idee, è necessaria una risposta antifascista. [5]

Per un femminismo antifascista.

Gli obbiettivi della Coordination féministe antifascistesono la creazione di spazi per visibilizzare un femminismo antifascista e sviluppare strumenti per contrastare gli ostacoli che incontriamo sul nostro cammino, prendere di mira le dinamiche patriarcali e razziste che entrano in gioco ed essere sempre più numeros*.

Inoltre, ci sembra altresì importante sostenerci nelle nostre pratiche militanti visto che non è facile essere femministe negli ambienti antifa, così come non è sempre facile essere antifasciste negli ambienti femministi senza dover far fronte ad accuse di virilismo o di mascolinismo o addirittura di voler proteggere gli uomini cis. Ci siamo rese conto in effetti che per acquisire una certa legittimità, sono state messe in atto dinamiche di competizione, spesso involontariamente. Ci impegniamo ad emanciparci da questo tipo di meccanismi, che tendono a creare divisioni. Sosteniamo il bisogno del fare collettivo con le risorse e le capacità di ognun*!

Alla luce delle nostre esperienze militanti e della banalizzazione dei discorsi dell’estrema destra, abbiamo l’obbiettivo di costruire una dinamica che si iscriva a lungo termine e che si sviluppi a livello locale, nazionale e internazionale al fine di promuovere un femminismo popolare, antirazzista e inclusivo. Questo tipo di femminismo viene spesso silenziato o invisibilizzato perché entra in contraddizione con il femminismo istituzionale e mainstream, nazionalista e securitario, che occupa tutto lo spazio mediatico.

Lottiamo contro le violenze poliziesche, contro le leggi razziste ed islamofobe, contro l’omofobia e la transfobia. Facciamo blocco con il movimento femminista, e partecipiamo più attivamente al movimento di azione antifascista. In quanto femministe antirazziste, riappropriamoci del discorso e delle strade!

Note:

[1] Il termine islamismo è un termine con un significato controverso a seconda di chi lo usa, spesso strumentalizzato dai media e nei discorsi anti-Islam, ma in generale rimanda ad un insieme di ideologie che ritengono che l’Islam debba guidare la vita sociale e politica così come la vita personale. Si tratta dunque di una concezione essenzialmente politica dell’Islam. Sinonimi concettuali sono islam politico e attivismo islamico. (Wikipedia). [N.d.T].

[2] Ricercatrice femminista marxista all’Università Goldsmiths a Londra.

[3] Viene definito in questo modo: «Il femonazionalismo descrive sia la strumentalizzazione delle tematiche femministe da parte dei nazionalisti e dei neoliberisti nelle campagne anti-islam (…) sia la partecipazione di certe femministe alla stigmatizzazione degli uomini musulmani brandendo la bandiera della parità di genere. Il femonazionalismo descrive così, da una parte i tentativi dei partiti di destra e neoliberisti di portare avanti una politica xenofoba e razzista attraverso la promozione della parità di genere, e dall’altra l’implicazione di diverse femministe nella rappresentazione dell’Islam come una religione e una cultura misogine per eccellenza.” (https://www.contretemps.eu/femonationalisme-islamophobie-neoliberalisme/)

[4] Grande sostituzione: tesi razzista e fantasia di complotto coniata dall’ideologo di estrema destra francese Renaud Camus e cavallo di battaglia sia degli identitari che della destra più o meno estrema in tutta Europa e altre parti del mondo. Secondo questa tesi, in Europa sarebbe in atto una “sostituzione etnica”, un’invasione da parte di migranti provenienti da paesi del Medio Oriente e dell’Africa, che minaccerebbe di “mutare” permanentemente i paesi europei e le loro culture. [N.d.T.]

[5] Grazie alle ricercatrici/tori Manéli Farahmand, Mischa Piraud e Sybille Rouiller, che hanno scritto un testo super interessante su questa tematica e a tuttx i/le militanti che hanno prodotto dei contenuti su questi cosprirazionisti e per saperne di più vi invitiamo a leggere:

Fonte: https://renverse.co/analyses/article/les-rencontres-antifascistes-du-femonationalisme-aux-coronasceptiques-3381