Venerdi 18.1 alle 15.00 in Via Bossi a Lugano

Presidio davanti all’ufficio del giudice dei provvedimenti coercitivi e all’ufficio del servizio rimpatri della polizia cantonale.

“Quando vennero per gli ebrei e i neri, distolsi gli occhi; Quando vennero per gli scrittori e i pensatori e i radicali e i dimostranti, distolsi gli occhi; Quando vennero per gli omosessuali, per le minoranze, gli ut opisti, i ballerini, distolsi gli occhi; E poi quando vennero per me mi voltai e mi guardai intorno, non era rimasto più nessuno …”.

Oggi ci troviamo davanti agli uffici del Giudice delle misure coercitive e del Servizio Rimpatri della Polizia Cantonale perché responsabili di politiche razziste e disumane che colpiscono le persone migranti e/o richiedenti l’asilo in Svizzera. In questi uffici viene decisa la sorte di persone che se espulse verso i propri paesi di origine rischiano persecuzioni, miseria, torture e morte. Le leggi che regolamentano il sistema dell’asilo in Svizzera sono un vero e proprio labirinto burocratico ideato dalla Segreteria di Stato della Migrazione (SEM) per rendere la vita impossibile a chi richiede asilo in questo paese e spingerle ad andarsene, con le buone o con le cattive. Le persone che migrano in Europa con la speranza di essersi lasciati/e alle spalle le persecuzioni e la repressione, una volta arrivati/e in questo paese si trovano a dover affrontare delle leggi che le costringono a vivere in condizioni agghiaccianti, messe di fronte alla scelta di dover (soprav-)vivere in centri o bunker controllati 24 ore su 24 da agenti della sicurezza privata e telecamere oppure essere arrestate per “soggiorno illegale”, con la minaccia costante della deportazione. Spesso l’unica via di uscita è la clandestinità. Le uniche sicurezze che lo Stato svizzero offre a queste persone sono le schedature, i continui fermi, perquisizioni e pestaggi da parte della polizia e delle guardie di confine, le umiliazioni dei funzionari dei vari uffici della migrazione o delle organizzazioni che operano nel settore (Croce Rossa, ORS ecc).

Ultimo esempio in ordine di tempo in Ticino, l’arresto per “soggiorno illegale” di diverse persone algerine lunedì 14 gennaio. Prelevate alla mattina nelle case dei propri famigliari e compagni/e, alcune di esse si sono barricate in casa resistendo in un primo momento all’arresto, per poi essere portate in seguito in carcere. Alcune di esse vivono da anni in Ticino, hanno figli/e e parenti qui e sono costrette in un limbo giuridico in cui, da una parte si chiede loro di integrarsi in una società estremamente xenofoba e chiusa in sé stessa, mentre dall’altra non possono neanche lavorare legalmente né vivere in un’ abitazione propria o spostarsi liberamente nel cantone.

Uno dei luoghi di reclusione di cui si è parlato molto negli ultimi mesi è il bunker di Camorino, di cui si sono più volte denunciate le condizioni: sovraffollamento, mancanza di privacy, cimici da materasso, acqua “potabile” giallastra, aria irrespirabile e nessuna finestra. Negli ultimi mesi, a queste condizioni si sono aggiunte minacce e ricatti nei confronti delle persone detenute, colpendo nello specifico coloro che hanno preso parte a proteste e mobilitazioni contro le condizioni in cui sono costretti a vivere. Inoltre, la struttura ha potenziato le proprie funzioni carcerarie e di controllo: porta controllata elettronicamente, sistema di videosorveglianza, obbligo di svolgere lavori non remunerati e continue provocazioni da parte degli agenti di polizia della centrale adiacente al bunker.

A marzo 2019 entrerà in vigore la nuova legge sull’asilo, che prevede una velocizzazione delle procedure e la costruzione di una quindicina di centri federali sul territorio svizzero (in Ticino a Balerna/Novazzano). Spacciata a suo tempo come un miglioramento della tutela giuridica delle persone richiedenti l’asilo, questa razionalizzazione dell’intero settore porterà ad un aumento esponenziale delle decisioni negative e delle espulsioni.

Per far girare questo regime migratorio, lo Stato necessita di tutta una serie di funzionari che eseguono i suoi ordini, anonimi tasselli di una macchina che miete vittime ogni giorno, umiliando, reprimendo, incarcerando e deportando esseri umani ogni giorno. “Piccoli Eichmann” che ci si chiede come possano sentirsi a posto con la propria coscienza, sapendo che con una firma possono determinare il destino di chi rischia la morte se rimpatriato nel paese da cui è dovuto fuggire.

È ora di dire basta a questo sistema razzista!

È ora di opporsi alle deportazioni!

È ora di chiudere il bunker di Camorino, come tutte le strutture di esclusione e segregazione!

Liberi/e tutti/e!