_Quando l’accoglienza delle persone in esilio diventa un business

 

Fonte: renversé.co

Questo testo è il seguito di una prima analisi pubblicata su renversé, dell’evoluzione dell’accoglienza dei/delle richiedentx d’asilo in Svizzera , «Verso un’accoglienza carceraria dei/delle migranti» (traduzione italiana).

Questo articolo tratta del meccanismo della privatizzazione e della mercificazione dell’incarcerazione delle persone in esilio e tenta di mettere un po’ meglio in luce la logica capitalista soggiacente a questi fenomeni. Ricordiamo che la svizzera mette in atto una nuova politica nel campo della gestione della migrazione, che concerne tra l’altro la privatizzazione delle istituzioni svizzere della fortezza Europa. L’idea di questo testo non è di difendere una gestione statale carceraria delle questioni migratorie, ma di mettere in luce le logiche attuali della gestione di queste questioni nella svizzera di oggi.

La Confederazione elvetica trae ispirazione dalla Gran Bretagna

La Gran Bretagna è un esempio estremo del liberalismo statale e fornisce un colpo d’occhio preoccupante della direzione che sta prendendo la politica dell’accoglienza delle persone in esilio in svizzera. In effetti, la Gran Bretagna pratica da molti anni una privatizzazione galoppante dell’insieme della gestione della migrazione e dell’ «accoglienza» delle/dei richiedenti l’asilo. Sapendo che queste privatizzazioni rendono sempre più precarie le condizioni di vita delle persone in esilio e che a questo si aggiunge l’assenza di limiti legali riguardanti la durata della loro detenzione, è necessario diffondere pubblicamente le ambizioni svizzere che si ispirano alle pratiche aberranti della Gran Bretagna.

Delle multinazionali dell’ «accoglienza»

Nel 1970, la Gran Bretagna fu il primo stato europeo ad affidare la gestione dei centri di detenzione per persone migranti ad una compagnia privata. Quarantacinque anni più tardi, lo stato gestisce due centri su cinquanta, e cinque multinazionali specializzate nel settore della sicurezza si spartiscono i quarantotto restanti. Queste aziende, tra cui il mostro della sicurezza G4S, detengono dei mandati in tutto il mondo. Dalla messa in sicurezza dei luoghi di estrazione delle materie prime alla gestione delle carceri, passando per i contratti militari, la varietà delle loro attività dimostra la vastità della presenza delle multinazionali nel settore della sicurezza, settore tradizionalmente statale. In Gran Bretagna, al contrario di altri paesi europei, queste corporation gestiscono da sole i «centri di accoglienza», un’autonomia inquietante considerati gli obbiettivi di qualsiasi impresa capitalista: fare dei profitti senza nessuna domanda di ordine umano, etico o morale.

Una logica commerciale

Per scegliere le aziende che si occupano della gestione, lo stato inglese procede a dei bandi ai quali le imprese rispondono con dei preventivi. Si indovina facilmente come in questi periodi di austerità, in un’ottica di risparmio, lo stato scelga l’impresa che offre la tariffa migliore. La corsa alla riduzione dei costi per lo stato da una parte, e la massimizzazione dei profitti dall’altra, è un fattore inerente della degradazione delle condizioni di vita delle persone rinchiuse. Dato che la logica commerciale non si accolla questioni umane, questi luoghi di detenzione sono il teatro di violenze quotidiane. Ostilità, intimidazioni e violenze sessuali tra le altre cose, sono delle pratiche ricorrenti nei centri; e quando le persone che vi sono rinchiuse le denunciano, rischiano di essere rispedite velocemente nel proprio paese d’origine.

Ad esempio, nel 2013, il governo britannico ha rimandato in Pakistan cinque donne che avevano vissuto o erano state testimoni di violenze sessuali, riducendo così al silenzio la loro denuncia e dando l’esempio a tutte le altre persone a cui verrebbe in mente di denunciare un’aggressione subita.

Malgrado i ripetuti scandali, malgrado i casi di violenze gravi e ripetute, le imprese colpevoli mantengono tuttavia i contratti di gestione dei centri. L’interesse economico dello stato è evidentemente prioritario rispetto a delle condizioni di accoglienza degne per le persone in esilio.

L’esempio britannico dimostra la necessità di lottare contro ogni velleità dello stato di privatizzazione dei «centri di accoglienza» e delle prigioni per persone in esilio. Le testimonianze sono rare per diversi motivi, specialmente per la difficoltà delle popolazioni subalterne di accedere alla parola. Quando le loro parole riescono a trapelare dall’isolamento è importante diffonderle e, quando è possibile, organizzare un contrattacco.

La tradizione misconosciuta della privatizzazione dei centri di accoglienza in svizzera

La privatizzazione della gestione dei centri per richiedenti l’asilo in svizzera è una vecchia storia. I futuri centri federali della consigliera federale Sommaruga non fanno altro che generalizzare delle pratiche che esistevano già in diversi cantoni. Delle pratiche che arricchiscono quelli che possiedono già troppo a scapito dei quellx che non hanno nulla.

Un’idea dell’UDC

Tutto ha inizio nel 1991, quando un consigliere di stato dell’UDC di Basilea-Campagna decide di commissionare all’azienda ORS Service AG la gestione di un centro per richiedenti l’asilo. Nel 1992, l’Ufficio Federale dei/delle Rifugiatx trasferisce alla stessa azienda la gestione della presa in carico delle richiedenti l’asilo in diversi centri di registrazione della Confederazione. Negli anni seguenti, diversi comuni affidano dei centri di accoglienza o di transito all’ORS. Poi, nel 2007 e nel 2008, i cantoni di Soletta e di Friborgo danno anch’essi un mandato all’azienda ORS Service per la gestione dell’alloggio e dell’inquadramento, oltre a dei programmi di formazione ed impiego. Attualmente, ORS Service AG gestisce nove centri di registrazione e di procedura (CRP), e una quarantina di centri cantonali e comunali.

Cos’è l’ORS?

In origine, si tratta di un’agenzia interinale losannese creata nel 1977 e chiamata ORS Service SA. Nel 1992, la società diventa ORS Service AG e si trasferisce a Zurigo. Nel 2005, il fondatore dell’azienda la rivende ad Argos Soditic, che la rivende ad Invision nel 2009, che finalmente la rivende a Equistone nel 2013. Equistone Partners Europe è un fondo d’investimento internazionale con delle filiali in 4 paesi europei. ORS dichiara una cifra di affari di 65 milioni di franchi svizzeri per il 2014, essenzialmente provenienti da fondi pubblici. Secondo diversi media, questa cifra raggiunge gli 85 milioni nel 2015, ma i suoi benefici non sono mai stati divulgati.

Allora, quando Claude Gumy, direttore operativo a Friborgo, dichiara al quotidiano Le Temps che «Il nostro obbiettivo non è di guadagnare soldi per conto di investitori. Ci occupiamo prima di tutto di esseri umani», chi pensa di prendere in giro?

Per risparmiare, lo stato svizzero delega la gestione dell’ «accoglienza» a degli investitori che, dopo aver speculato sulle merci e saccheggiato i paesi poveri, speculano sui flussi migratori che in questo modo vengono a crearsi. L’ORS è ovviamente conosciuta per la sua collaborazione incondizionale con i servizi statali e la polizia, le cui pratiche repressive non sono un segreto per nessunx.

Quando il liberalismo cavalca il razzismo diffuso

La privatizzazione della gestione della migrazione non è quindi un argomento nuovo, ma la nuova legge sull’asilo preannuncia senza nessun dubbio una generalizzazione massiccia del ricorso a delle imprese private al fine di abbassare i prezzi legati al controllo delle persone in esilio. Questa volontà di esternalizzare le spese mostra diverse cose: primo, la politica repressiva portata avanti dagli stati europei e dalla svizzera costa caro. Invece di investire in condizioni di acoglienza degne, la confederazione si concentra unicamente nella selezione e l’isolamento di certe categorie di persone in esilio. La sua capacità repressiva non diminuisce con la privatizzazione, ma è vero il contrario, visto che questi processi vengono accompagnati da un’accellerazione delle procedure e da un forte aumento dei «voli speciali» per le espulsioni. Affidando la gestione dell’ «accoglienza» a delle imprese private, la confederazione aggrava volontariamente la precarietà delle persone in esilio, con lo scopo di controllare le spese e l’applicazione della teoria della «dissuasione», che mira a spingere le persone migranti a chiedere asilo altrove. D’altronde, queste privatizzazioni esprimono un ritorno più ampio del pensiero liberale della gestione dei corpi. Mentre le domande che la migrazione, le frontiere, o le persone in esilio sollevano sono domande politiche e umane, l’unica risposta ufficiale è finanziaria. Riduzione dei costi, ottimizzazione o ancora libera concorrenza come mezzo di regolazione, il capitalismo non ha mai smesso di cercare dei campi di investimento, e lo stato, nel suo ruolo di buon fornitore di mercati fruttuosi, glieli serve su un piatto d’argento.

Se la privatizzazzione del settore dell’asilo è particolarmente spregevole, è che è resa possibile da un razzismo istituzionale normalizzato. Una volta che la disumanizzazione viene messa in moto, le persone in esilio non diventano altro che dei numeri problematici che si gestiscono come degli stock di merce da supermercato.

Collectif autonome D

 

Troverete il comunicato dell’occupazione di un futuro centro federale nel 2015 a Berna qui, e il comunicato di un’azione di sabotaggio del futuro centro federale in costruzione di Chevrilles (Friborgo) qui. Per leggere un articolo su qualche azione contro ORS avvenute qualche anno fa a Friborgo e Berna, cliccate qui.
Fonte: https://renverse.co/Suisse-Quand-l-accueil-des-personnes-en-exil-devient-un-bizness-982