23.12.2017 – I SEGNI DI UNA PACE TERRIFICANTE

Intro: PASSATA LA FESTA GABBATO LO SANTO:

TESTO DELLA GIORNATA:

“Oggi non è tanto il rumore degli scarponi che dobbiamo temere, quanto il silenzio delle pantofole”

Giunge dicembre e ritorna la consuetudinaria ritualità natalizia: laide decorazioni illuminano le tristi costruzioni, le persone si riversano nelle strade e nei negozi per inseguire acquisti, le espressioni sui volti mutano dall’indifferenza all’ipocrisia, accompagnate dai molti sorrisi falsi e dalle numerose conversazioni artefatte.

Insomma, le distrazioni non vengono a mancare. Possiamo ammirare panettoni e agnelli nelle corsie dei supermercati e gli ultimi modelli di smartphone nelle vetrine, possiamo imbastire lussuosi banchetti e brindare ai benefici del capitalismo. Ci sono merci per le quali i confini non esistono e invece persone da relegare in carcere perché senza documenti. Due pesi, due misure.

Le strutture sociali – e i modi con cui esse vengono mantenute – si riflettono anche nell’organizzazione dello spazio urbano. Basta osservare come negli ultimi anni le zone più “periferiche” siano mutate, lasciandone lo spazio ai poli degli studi accademici e di ricerca, agli edifici di lusso, alle piccole “migliorie” tecnologiche che man mano contribuiscono a rinchiuderci nella gabbia della “città intelligente” (Smart City). La funzione dello spazio urbano, in quanto roccaforte del controllo, è sempre più intensificata.

Ormai abituati/e a camminare a testa bassa con lo sguardo sullo smartphone, non ci rendiamo conto che in pochi anni la presenza di telecamere e divieti è aumentata esponenzialmente, rendendo impossibile l’attraversamento della città senza essere ripresi/i e sorvegliati/e da decine di occhi. In balia del delirio securitario e della violenza colonialista, l’Europa dell’occidente capitalista apparecchia ovunque il ritorno dei fascismi, dove la guerra è pace, l’ignoranza è forza, la libertà è schiavitù e alienazione e il fatto di essere costantemente spiati/e ci dà l’illusione di sentirci più sicure/i.

Passando dalla stazione osserviamo con la coda dell’occhio l’ennesima persona “non-bianca” fermata e controllata dagli sbirri, facciamo finta di niente e poi magari la sera ci commuoviamo davanti alle immagini delle migliaia di persone migranti che muoiono annegate nel Mediterraneo o che vengono torturate nei campi di concentramento in Libia con la complicità dei governi europei, compresa la Svizzera.

Un perenne clima di desolazione, di rassegnazione e di silenzio imperversa, un tacito coprifuoco in tempi di pace sociale. Silenzio interrotto talvolta da uno sparo, quello di uno sbirro che uccide una persona migrante. Invece no, è una ringhiera che ha deviato la traiettoria del proiettile. Si narra che a Brissago gli oggetti abbiano la peculiarità di sfidare le leggi della dinamica.

A sfidare le leggi e l’ordine instaurato dal potere, non ci sono solo gli oggetti, ma anche individualità che non vogliono accettare un mondo basato sulla gerarchizzazione delle persone, sullo sfruttamento e l’oppressione, sull’imposizione della paura, sulla costruzione di muri e frontiere, sulla coercizione, ma aspirano alla libertà. Libertà, un termine tanto usato dai politici di ogni fazione per legittimare i loro ruoli e le loro menzogne, dagli esaltati della scienza e della tecnologia per farci accettare l’ennesima cura miracolosa alle nocività generate da un sistema mortifero che ha ormai colonizzato ogni angolo della Terra.

Ma la libertà non può essere né divisibile, né quantificabile: non vogliamo chiedere un po’ più di diritti. Non vogliamo ottenere consensi per il rifiuto che nutriamo nei confronti dell’autorità. Non vogliamo chiedere permesso agli/alle stessi/e che impongono e beneficiano della società del controllo, per costruire il mondo che vogliamo o per riprenderci le strade di queste città.

Noi la libertà non la mendichiamo: ce la prendiamo, scendendo in strada per rompere con la quotidianità e con il silenzio di questa forzata pacificazione.

I segni di questa pace terrificante tracciano i nostri sentieri di rivolta.