In prigione “a casa propria”

Fonte: renversé.co

Da inizio 2016, l’Ufficio della popolazione (SPOP), l’Istituto vodese per l’accoglienza dei migranti (EVAM) e la Giustizia di Pace hanno generalizzato la messa in opera di misure di restrizione inaccettabili nei confronti di richiedenti l’asilo. Pur di fare cifre, di rinviare più gente possibile al minor costo, la giustizia vodese non esista a promulgare degli obblighi di dimora, uno più assurdo dell’altro.

Abbiamo così un uomo con un obbligo di dimora in uno dormitorio di Morges, in cui i posti letto vengono assegnati di notte in notte. Questa persona si deve presentare giornalmente all’EVAM per richiedere la re-inscrizione presso questa struttura per poter rispettare l’obbligo. O una donna con un bambino di 5 anni con un obbligo di dimora presso un foyer, affinché la polizia la possa venire a prendere senza difficoltà di notte nel momento in cui sarà rimpatriata verso l’Italia. Queste misure costrittive colpiscono principalmente le persone più vulnerabili, le donne con bambini ad esempio, per le quali esistono pochissimi posti per una detenzione amministrativa.

L’obbiettivo: rompere le resistenze

Le persone toccate dall’obbligo di dimora devono essere presenti presso il loro domicilio tra le 22 e le 8. In questo modo la polizia le potrà trovare facilmente, in questo lasso di tempo, nel momento in cui le potrà espellere. In caso di mancato rispetto dell’obbligo di dimora la persona si espone ad una denuncia penale…che compromette gravemente il proseguimento della sua procedura, venendo in seguito considerata come «criminale». Un ostacolo in più per il riconoscimento dello status di rifugiatx a persone che lo necessitano. La maggioranza delle vittime di queste misure restrittive sono persone che sottostanno agli accordi di Dublin. La loro sola speranza per poter depositare la domanda di asilo in Svizzera è quella di riuscire a rimanere per un tempo sufficientemente lungo (dai 6 ai 18 mesi) su suolo svizzero senza «sparire». Questa misura annienta tutte le loro possibilità di resistenza, e complica pure il lavoro di solidarietà dei collettivi che le sostengono.

Condannati a sparire

Questi obblighi di dimora violano il diritto fondamentale della libertà di movimento e costituiscono un’ulteriore violenza di Stato nei confronti dei/delle rifugiatx che vengono a richiederne protezione. Pur senza aver commesso alcun delitto è ormai possibile ritrovarsi rinchiusi “da sé” di notte. Queste misure hanno innanzi tutto l’effetto di spingere i/la rifugiatx a sparire, senza risorse né avvenire. È chiaro quello che cercano di ottenere le autorità vodesi: rinviare più gente possibile al minor costo, dimostrarsi dei bravi alunni di Berna sbarazzandosi di questi casi ingombranti che sono i/le richiedenti asilo a dispetto della loro libertà, dei loro diritti e della loro dignità.
Davanti a questa macchina giudiziaria che si svela essere sempre più a due velocità, con una giustizia specifica per le persone considerate indesiderate in Svizzera, è essenziale che la società civile nel suo insieme si mobiliti per far rispettare i diritti fondamentali, che dovrebbero essere garantiti a tuttx, indipendentemente dal proprio status legale. Attaccando i diritti delle persone più vulnerabili, lo Stato attacca tutta la società.
Pauline Milani

P.S.

Versione internet trovata sul sito asile.ch

Articolo pubblicato a marzo 2017 nel bollettino di Solidarité sans frontières. Fonte: https://renverse.co/En-prison-chez-soi-1186