L’imboscata: atti di ordinaria repressione di una biciclettata e di una festa all’aperto…

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato del Collettivo Antirep Ticino riguardo alcuni fatti avvenuti il 28 e il 29 maggio 2022.

Lunedì 30 maggio, durante l’Assemblea Antiautoritaria Autogestita, siamo venute a conoscenza di fatti che troviamo importante siano resi pubblici per creare consapevolezza del livello di repressione che si respira in quel di Lugano.

Sabato 28 maggio, a un anno dall’infame notte delle ruspe, si è svolta dapprima una critical mass in bicicletta per le vie cittadine e di seguito una festa sul prato dell’ex macello promossa dal Soa il molino. Durante la biciclettata un agente in motocicletta – con fare provocatorio – decide improvvisamente di passare in maniera rapida attraverso la critical mass, minacciando attivamente tutte coloro decise a contrapporsi a questa azione inutile e insidiosa.

Quando la biciclettata arriva all’ex macello, ci sono almeno due camionette di agenti in tenuta antisommossa barricati dentro le mura perimetrali, mentre a controllare la situazione direttamente sul prato sono stati incaricati due agenti della Securitas, così solerti da seguire addirittura due ragazze che andavano al bagno.

Alla fine della festa, verso le 2 del mattino, due compagni si offrono di trasportare il materiale utilizzato durante la giornata. Arrivati presso un garage privato iniziano a scaricare, ma dopo alcuni minuti vengono raggiunti da una pattuglia della polizia comunale che blocca l’uscita del garage. Scesi dall’auto, i due agenti, senza troppi convenevoli, intimano di esibire i documenti. Nonostante le reclamazioni dei due compagni che si trovano su una proprietà privata e la richiesta di giustificare l’intervento (che viene allegramente definito “un normale controllo di polizia”), per tutta risposta giunge sul posto pure un intero furgone pieno di poliziotti in tenuta antisommossa, portando così a dieci il totale degli agenti per controllare due persone.

Gli antisommossa, con le pile puntate negli occhi dei compagni, scendono dalla rampa antistante il garage urlando abbastanza da svegliare il vicinato, che fino all’arrivo della polizia non si era accorto di nulla, intimando inoltre ai due in modo minaccioso di cancellare i video che stavano girando con i telefonini.

Le due persone bloccate riescono ad avvisare il resto delle compagne ancora sul prato dell’ex macello che accorrono in loro solidarietà, mentre i due vengono comunque perquisiti, così come i loro veicoli, nonostante non fossero alla guida al momento del fermo.
Arrivano anche due agenti della polizia cantonale, chiamati per fare un test dell’alcool, che non ha potuto essere eseguito mancandone i presupposti: nessuno era infatti alla guida dell’auto. Dopo oltre mezz’ora di controlli approfonditi, non avendo trovato nulla, se non il vicinato ormai sveglio, gli agenti riconsegnano i documenti e se ne vanno.

Ma non finisce qui… Uno dei compagni sopraggiunti in solidarietà riporta anche lui di essere stato seguito subito dopo da una camionetta della polizia, di essere stato fermato in mezzo alla strada,sottoposto ad un controllo tramite etilometro e di aver subito una perquisizione del suo veicolo, ancora una volta senza che gli agenti trovassero qualcosa.

L’agire della polizia la notte di sabato 28 maggio, nonostante i vuoti proclami sulla necessità del “dialogo” di vari municipali luganesi, non fa altro che (ri)confermare nei fatti che l’intento delle autorità è quello di colpire con qualsiasi pretesto singoli individui che partecipano alle attività ed iniziative autogestite e di non voler instaurare alcun vero dialogo. A suon di minacce, botte e denunce c’è chi sta tentando di creare un clima di paura e di disgregare una realtà che rappresenta ancora una spina nel fianco di un Municipio sempre più interessato a imbonirsi la cittadinanza più facoltosa e a lanciare campagne ipocrite contro il disagio e la violenza giovanile. Ma il clima di repressione e di intimidazione che si vive da un anno a Lugano non farà desistere nessuna dal continuare a organizzare, fare, creare in autogestione.

Il Collettivo Antirep Ticino: attivo da diversi anni, nasce con l’intento di fornire supporto legale e solidarietà alle persone attive nelle lotte sul territorio di questo cantone. Rispondere politicamente alla repressione significa organizzarsi contro l’isolamento che da essa scaturisce, dotandosi di strumenti collettivi e di auto-difesa. Significa anche costruire un discorso altro rispetto a quello dei media, che spesso si limitano a riportare i comunicati stampa della polizia e delle autorità, contribuendo a depoliticizzare la repressione.

Antirep Ticino, Lugano, 2 giugno 2022.