Dalle ruspe alle schedature. Lo stato di polizia in Ticino non è una deriva, ma la tendenza.

Fonte: inventati.org/molino

Domanda: ma se la politica non sapeva niente della demolizione,
significa che viviamo in uno Stato di polizia?
Risposta: no, spero proprio di no, assolutamente no.
(Marco Borradori intervistato dalla RSI mercoledì 9 giugno 2021)

Da leghista, il molino l’avrei sbaraccato anni fa
(Norman Gobbi, liberatv, 5.5.2021)

Prima che le inchieste della procura sulle responsabilità politiche e operative dello sgombero del Molino lasciassero il posto ai silenzi di tomba del municipio e alla funzionale e ipocrita costernazione espressa da più parti per la scomparsa del «sindaco di tutti», c’era ancora un minimo dibattito sull’effettivo potere assunto dalla polizia di Gobbi in questo Cantone.

Dal nostro punto di vista, responsabilità e vertici della catena di comando sono sempre apparsi evidenti. Un’operazione di sgombero di quel tipo – una chiara punizione e vendetta di Stato per ripristinare “decoro, ordine, disciplina e legalità” – con forze congiunte di altri cantoni, poteva solo provenire da chi le ruspe le aveva evocate a più riprese nei propri discorsi e nei propri referenti ideologici. Così come è apparso sintomatico del clima politico in cui viviamo il silenzio assordante sull’innominabile e innominato capo del dipartimento delle istituzioni, rispetto al volume di inchiostro versato sui fatti del 29 maggio. Dal sindaco ai municipali, passando per gli alti vertici di polizia cantonale e comunale, fino alle ditte edili coinvolte nella demolizione, lo scarica barile, come i ripetuti silenzi, sono stati grotteschi quanto efficaci, nell’insabbiare e nel depistare la responsabilità del consigliere di stato leghista.

Proprio in queste settimane, la polizia cantonale, dapprima in assoluta autonomia e in un secondo momento su mandato dei procuratori pubblici Roberto Ruggeri e Moreno Capella – e comunque sempre sotto l’inequivocabile comando di Norman Gobbi – sta convocando, in qualità di imputate, numerose persone (più di una trentina, tra le quali anche alcune minorenni). Le modalità stesse di queste indagini rivelano la natura dello stato poliziesco che il feldmaresciallo continua a imporre a questo territorio. Tralasciando, per questa volta, la repressione sistematica e razzista verso le persone migranti o ritenute “straniere”, si va dal sequestro e all’incarceramento di due nostr* compagn* la sera della passeggiata collettiva sotto l’abitazione del sindaco. Un arresto effettuato nel cuore della notte, in mezzo alla strada, con manette, test del dna, presa di impronte digitali e senza possibilità di chiamare l’avvocato, il posto di lavoro o un famigliare. Un arresto durante il quale le pressioni psicologiche – tra cui le visite con psichiatri e funzionari delle strutture carcerarie – sono state assai presenti. Un ordine partito dal capo della gendarmeria ticinese Marco Zambetti (lo stesso responsabile delle operazioni di sgombero dell’ex macello). Passando poi alle multe e alle denunce a varie ragazzx dopo le iniziative autogestite al Tassino, arrivando fino alle recenti denunce, accompagnate dai reiterati richiami telefonici alle persone minorenni e alle loro famiglie, dalle imposizioni di schedatura con rilevamento fotografico e delle impronte digitali anche in presenza di capi d’accusa di tipo amministrativo (come ad esempio il travisamento del volto).

La natura dell’operazione appare come una completa farsa e si basa in maniera alquanto sconclusionata sui fatti dell’8 marzo, sull’occupazione dell’ex Vanoni e sulla denuncia di due miseri fascisti nostrani per aggressione. Appare quindi evidente come la polizia di Gobbi stia operando una schedatura sistematica nei confronti di persone ritenute vicine all’autogestione. Inoltre, per quanto riguarda le persone minorenni, è stata avviata la procedura senza autorizzazione formale da parte del magistrato dei minorenni. Alle persone convocate in polizia sin ora, sono state rilevate le impronte digitali e il rilevamento fotografico con autorizzazioni just in time emanate dal magistrato Roberto Ruggeri. In sostanza, dopo la violenza dello sgombero con le ruspe si sta passando al braccio lungo della repressione poliziesca e delle schedature, con l’evidente intento di scoraggiare la partecipazione e di passare alla ben nota criminalizzazione e stigmatizzazione dell’autogestione.

È nostra intenzione sottrarci sin da subito a questo schema già tristemente conosciuto, fatto di inchieste intimidatorie, licenziamenti, controlli e messa alla gogna!

Dopo tante cazzate sentite e fantomatiche attribuzioni morali sulla morte per stress del sindaco leghista da parte di perfetti idioti pubblici senza nessun concetto di dignità umana e di rispetto, è arrivato il momento di rispedire al mittente le accuse striscianti o formalizzate che siano, rispondendo con lucida fermezza alla domanda a suo tempo elusa da Borradori: sì, viviamo sempre di più in uno stato di polizia e Norman Gobbi (il primo a cavalcare la morte di Borradori in tv attribuendoci le responsabilità) ne è il vertice indiscusso.

Mentre i funzionari del suo dipartimento spacciano targhe e permessi falsi, mentre ci si risente offesi per i fischi al primo d’agosto, mentre il municipio di Lugano si sposta ancor di più all’estrema destra, mentre squadracce fascio-leghiste provocano protette dalle “forze dell’ordine” il feldmaresciallo sguinzaglia i propri scagnozzi in divisa contro ogni forma di dissenso o di comportamento non conforme all’ordine imposto.

Nessuna indagine potrà arrestare la nostra volontà e la nostra determinazione nel contrastare l’imposizione dello stato di polizia.

In solidarietà e complicità con tutte le persone accusate e perseguite in questi giorni dalla polizia, chiamiamo a un momento di presidio forte, rumoroso e determinato in via Bossi, davanti alla polizia di Lugano dalle ore16.00.

E se scardinare il potere, è per noi il primo passo per la costruzione di qualcosa di nuovo, quello che ci avete tolto, riprenderemo: vogliamo vivere in libertà, selvagge e ribelli come siamo nate. Lo facciamo. E non vi lasceremo in pace.

Quei giorni in quelle piazze c’eravamo tutt*, la repressione non fermerà le nostre lotte!
L’autogestione non si arresta! Solidarietà e complicità con le e gli imputat*!

Ci vediamo in strada.

SOA il Molino