Gilets noirs | Autodifesa migrante: solo la lotta darà i documenti

Per esigere documenti per tutte e tutti – subito – e per tutte e tutti quelle che arriveranno. Per la distruzione dei centri di detenzione, la fine dei foyer-prigione e per degli alloggi dignitosi per tutti. Contro il razzismo e lo sfruttamento. Per la nostra dignità e libertà. Né per strada, né in prigione, documenti e libertà!
 La paura ha cambiato di campo, i gilets noirs sono qui!


La pandemia di Covid-19 e il contenimento attuato dal governo vengono utilizzati come pretesto per attaccare sempre più i foyers d’immigrati (ndt. sorta di case popolari in condizioni spesso precarie, sovvenzionate dallo Stato e commissionate a società di gestione private o miste, dove trovano alloggio migranti provenienti soprattutto – ma non solo – dalle ex-colonie francesi. Pensati inizialmente per ospitare i lavoratori nord-africani negli anni ‘50, sono oggi luogo di vita, di lotta, di sopravvivenza per parecchie persone con o senza documento). Abbiamo perso il lavoro da un giorno all’altro. La polizia ci perseguita e ci ricatta là dove viviamo. Siamo minacciati d’espulsione dagli amministratori di Adoma (ndt. società semi-privata creata dal ministro dell’interni durante la guerra d’Algeria che gestisce oggi, in modo assai clientelare, buona parte dei foyer in Ile de France), Coallia e Adef che ne approfittano per cacciare i migranti sans papier da casa loro.
Spinti dai Gilets noirs, all’interno di diversi foyers, viene organizzata una lotta corpo a corpo contro gli amministratori: rifiuto di pagare l’affitto a tali condizioni di sfruttamento, lettere collettive, operazione “porta aperta” per cacciare i gestori. Non pagheremo, per preparare la risposta contro la distruzione della vita collettiva nei foyers e per continuare la nostra lotta per i documenti e per una vita degna.
Dal novembre 2018, noi, i Gilets noirs – immigrati con o senza documenti, figli e figlie di immigrati e persone solidali, abitanti dei foyers e inquilini della strada – ci organizziamo contro lo Stato e i suoi complici. Chiediamo documenti per tutte e tutti, senza condizioni. Sia che siamo qui da un giorno o da dieci anni, sia che lavoriamo o meno. I documenti che ci vengono rifiutati sono quelli della dignità e attaccheremo lo Stato francese e tutti i suoi complici per prenderceli. Non vogliamo solo i documenti, vogliamo rompere il sistema che crea i sans papiers. Ogni giorno discutiamo di come migliorare la nostra vita, di come difenderci dalla polizia, dal CRA (centri detenzione per migranti), dai padroni, di come resistere alla prefettura. Ma i documenti arriveranno attraverso la lotta! E la lotta non è solo per i documenti: quello che ancora non hai visto lo
vedrai nella lotta.
Abbiamo manifestato davanti al museo dell’immigrazione, davanti al CRA di Mesnil-Amelot, abbiamo occupato la Comédie française, bloccato la prefettura di Parigi, occupato l’aeroporto di Charles de Gaulle dove Air France deporta gli immigrati. Abbiamo attaccato il quartier generale della Elior, che si arricchisce sulle spalle dei migranti e in 600 abbiamo occupato il Pantheon (ndt. sorta di mausoleo dei resti mortali di personaggi che hanno segnato la storia francese). Per chiedere documenti e un appuntamento con il primo ministro, per interrogare i “grandi uomini” e per onorare i nostri morti nel Mediterraneo e nel deserto che non hanno tombe, ne in Francia ne altrove.
Contro il Covid-19 e i suoi complici autodifesa sanitaria!
Da quando il Covid-19 è in Francia, lottiamo contro il virus, ma sono lo Stato e gli amministratori dei foyers a rovinarci la vita. Viviamo nei foyers come se fossimo in carcere. I foyers, gestiti da associazioni “amministratrici” (come Adoma, Coallia, ADEF) sono stati costruiti per ospitare i lavoratori immigrati. Da diversi anni ormai, gli amministratori vogliono distruggere l’organizzazione della nostra vita collettiva di immigrati sfruttati. Costruiscono residenze “sociali” che di fatto ci rinchiudono in stanze-celle, senza spazi collettivi. Sono le nostre forme di solidarietà e le nostre lotte a soffocare. Dobbiamo restare soli, senza famiglia, sperando di non morire prima del permesso di soggiorno che, forse, ci permetterà di andare a seppellire i nostri morti a casa nostra o di vedere nascere i nostri figli. In questi foyers viviamo con i nostri fratelli che hanno ottenuto i documenti. I foyers sono i nostri luoghi di vita politica.
All’inizio del confinamento, gli amministratori si sono sottratti alle loro responsabilità: nessuna istruzione, nessuna pulizia, nessun supporto. Hanno affisso dei manifesti in francese sulle pareti dei foyers e hanno chiuso le sale di preghiera e di riunione. Non puliscono perché “la candeggina è troppo costosa”. L’unica presenza degli amministratori è quella di venire a riscuotere gli affitti. Lo Stato francese, a braccetto con i padroni, ci fa lavorare sodo nei cantieri, nelle mense, pulendo tutto il paese. Senza documenti, siamo alla mercé degli aguzzini del sovrasfruttamento. Dobbiamo lavorare in nero. Nel confinamento, ci siamo ritrovati senza niente. Niente disoccupazione, quindi niente soldi per l’affitto, la famiglia o il cibo. Gli amministratori vogliono i nostri soldi, ma dobbiamo mangiare e prenderci cura di noi stessi!
Dopo qualche settimana, sotto la pressione delle prefetture e di coloro che non dovrebbero gridare al lupo sostenendo che i foyers sono “bombe sanitarie”, gli amministratori sono tornati in alcuni foyers. Ma noi sappiamo chi è chi. Presumibilmente per controllare le regole del confinamento, anche se conoscono bene la situazione in cui viviamo, cercano di separare i padri dai figli. Mentono, minacciano di tagliare l’acqua e l’elettricità, creando dei simulacri di depistaggi. Davanti ad alcuni foyers, sono i poliziotti che ci ricattano e sono in agguato. Lo Stato non vuole evitare la malattia, gli amministratori non vogliono evitarla. Ci vogliono morti e vogliono i nostri soldi.
Non abbiamo aspettato la repressione sanitaria per organizzarci e difenderci. Abbiamo organizzato una colletta e una rete di rifornimenti dei foyers per proteggerci dalla malattia. Con l’aiuto dei nostri compagni delle Brigate di solidarietà popolari che sostengono questa auto-organizzazione, giriamo nei foyers per distribuire materiale. A loro non importa di noi: ci proteggiamo da soli! Nei foyers abbiamo una cultura della solidarietà. Gestiamo noi stessi la pulizia e la disinfezione. Con i fratelli minori, ci organizziamo in modo che i fratelli maggiori non debbano più fare la spesa. Dobbiamo fare questa missione per i nostri compagni, i nostri fratelli, le nostre sorelle, i nostri figli e i nostri anziani, perché se no nessun altro la farà.
Lottare per la nostra dignità, per la vita collettiva, per strappare i documenti
Ci difendiamo per non nasconderci. Vogliamo i documenti. Ma non vogliamo una regolarizzazione come in Portogallo, per qualche mese, solo per quelli che hanno il loro fascicolo in prefettura o per coloro che non hanno la fedina penale sporca o non sono minacciati di espulsione. Non vogliamo una regolarizzazione come in Italia, offrendo il nostro corpo affinché i paesi europei sopravvivano sulle nostre spalle. Lavoro per documenti, è un ricatto schiavista. Non vogliamo i documenti per motivi di “salute pubblica” o per una maggiore “efficienza economica”. Per questi documenti, le nostre anime sono sacrificate. Siamo esseri umani, i nostri diritti devono essere ascoltati. Dovremmo scambiare le nostre anime per l’industria o l’economia degli altri? È una mancanza di rispetto verso i migranti. È un insulto.
Vogliamo che tutti gli immigrati, con o senza documenti, si uniscano a noi. Perché quello che stiamo passando noi, anche quelli che hanno ottenuto i documenti l’hanno subito o lo subiranno. I migranti, e tutti gli sfruttati del mondo, devono unirsi a noi migranti sans papiers. Non siamo nemici tra di noi. La Francia vuole dividerci tra chi è regolarizzato e chi non lo è. Qui viviamo insieme: il foyer è la nostra famiglia, è un nostro parente. Chiamano i sans papiers “esuberi” (“sur-occupants”) e i nostri fratelli con i documenti, “residenti”. Ora è il momento di difendere la nostra vita collettiva: è la nostra lotta. I residenti con i documenti non saranno mai liberi fino a quando i loro figli non otterranno i documenti.
Fino a nuovo ordine, i documenti sono la chiave di ogni vita sociale degna: vivere in famiglia, muoversi liberamente, lavorare, studiare, ricevere cure mediche e un alloggio. Abbiamo chiesto troppo a parlamentari, dirigenti, datori di lavoro, sindacati e associazioni di aiutarci a “regolarizzarci”. Ci sono state troppe petizioni, troppe interpellanze e forum che dicono che lo Stato dovrebbe “proteggere i migranti senza documenti”, troppi parlamentari che vogliono “regolarizzare” per meglio mandarci a fare il lavoro sporco che nessuno vuole fare. Non vogliamo documenti perché stiamo facendo il lavoro che “i francesi non vogliono fare”, ma per poter vivere con dignità.
Andremo noi stessi a prenderci i documenti, perché non vogliamo favoritismi: non vogliamo aver bisogno di meritarci i documenti o di mendicarli. Abbiamo bisogno di un conflitto. E nella lotta già troviamo la nostra libertà, perché non abbiamo più paura. Dopo il confinamento, invitiamo tutti gli immigrati senza documenti e le persone che condividono le nostre idee e i nostri modi di agire, a sostenere la nostra lotta, a contattarci, a mettersi in gioco.
Con l’ACTA, le Brigate di solidarietà popolare, Act-Up, il Collettivo place des Fêtes, Genepi, il NPSP (Nagkakaisang Pilipino Sa Pransya), la CREA (Campagna di requisizione per l’aiuto reciproco e l’autogestione), l’Action antifasciste Paris-banlieue, l’Observatoire de l’état d’urgence sanitaire, il Coordinamento militante di Dijon, Ipeh Antifaxista, che sostengono questo testo, condividiamo già questa lotta. La nostra forza sono i solidali, ma la forza dei solidali siamo anche noi. Dobbiamo organizzare azioni, occupazioni, manifestazioni, scioperi e blocchi. Possiamo costruire delle azioni assieme nelle prossime settimane. Otterremo i documenti solo con la forza.
Per esigere dei documenti per tutte e tutti ora e per tutte e tutti quelle e quelli che arriveranno, per la distruzione dei centri di detenzione, la fine dei foyers-prigioni e per degli alloggi dignitosi per tutti. 

Contro il razzismo e lo sfruttamento. Per la nostra dignità e la nostra libertà.
Né per strada, né in prigione, documenti e libertà!
La paura ha cambiato lato, i Gilets noirs sono qui!
I Gilets noirs in lotta

Note
mail – gilets-noirs-en-lutte@riseup.net
FB – Gilets noirs en lutte
Twitter – @gilets_noirs
(traduzione dal francese afroditea)