L’incubo dell’internamento ticinese: i nomi e i volti di una persecuzione costante

Nel bunker della protezione civile a Camorino continuano a sopravvivere 50 persone, nulla è cambiato da quando sono state smascherate le situazioni detentive e le pessime condizioni del sotterraneo (acqua sporca, infestazione di cimici da materasso, mancanza d’aria,..). L’unica cosa che la Croce Rossa ha fatto, per confermare il suo chiaro ruolo di aguzzina, di quello che a tutti gli effetti possiamo definire come lager, è dividere le persone tra buoni e cattivi: da una parte promettendo (anche in maniera illusoria) appartamenti a chi non ha contrastato la situazione umiliante del bunker mentre dall’altra, per chi ha fatto sentire la propria voce o ha aderito a proteste esterne si sono intensificati i continui controlli all’uscita e all’entrata, le restrizioni, le punizioni, le minacce e i ricatti, come ad esempio il mancato rilascio di abbonamenti dei trasporti pubblici, la perdita della “paghetta” (3 franchi al giorno!), le minacce di espulsione dal centro. Dal 2019, inoltre, nel periodo più freddo dell’anno, le persone rinchiuse del bunker dovranno uscire al mattino presto e tornare la sera, costrette a vagare senza meta come zombie, senza la possibilità di fare nulla e senza un soldo in tasca, altrimenti dovranno lavorare GRATIS nel bunker.

Negli altri centri per persone migranti del Ticino la situazione non è molto diversa, anche se potrebbe sembrare migliore dal punto di vista delle infrastrutture. Nel centro di “accoglienza” di Cadro ad esempio vivono persone migranti con differenti situazioni: famiglie in attesa di permesso di asilo, famiglie con permesso B, persone con decisione di non entrata in materia (NEM), persone con permesso F o con permesso N e persone vulnerabili (minori e donne sole) dublinate. 

La struttura si trova nella zona industriale in cui ci sono le due principali discariche del luganese e il carcere la stampa. Zona completamente fuori mano e in totale isolamento. È uno stabile in cemento armato con una recinzione e un cancello sempre chiuso. La securitas è presente 24 ore su 24, in quella che si può considerare una situazione molto simile a una prigione, anche a causa della torretta panottica posta al centro del cortile, con lo scopo di controllarne ogni angolo permanentemente. C’è un sistema di video/audiosorveglianza esterno ed interno. Molte stanze sono sempre gelide, non riscaldate. Il centro è affollato, hanno riattivato l’uso delle baracche di fianco (ex sede della protezione civile) e la Croce Rossa sostiene che a causa del sovraffollamento non hanno più tempo di fare alcun tipo di trasporto per le persone migranti: non vengono più accompagnate dal medico, hanno cancellato qualsiasi corso o attività sportiva. Ogni famiglia o persona viene seguita da un operatore o da un’operatrice della Croce Rossa, quest’ultimo/a ha il potere di decidere qualsiasi cosa per ogni caso in suo possesso. Abitanti della struttura affermano che a volte il personale redige falsi rapporti così da poter mettere in atto dei divieti, come quello di uscita o altre privazioni di libertà.

Alle ore 21.00 tutte le persone devono essere in camera, non si devono sentire voci di bambini/e. Ad esempio recentemente c’è stata una lite fra due bambini che sono stati chiamati in direzione per visionare i video registrati dalle videocamere per capire chi ha iniziato ed è stato fatto loro un rapporto con tanto di segnalazione alla scuola.

Se all’interno di una famiglia ci sono delle liti, come potrebbero accadere a chiunque in ogni momento (soprattutto in una situazione di disagio del genere), le famiglie vengono minacciate di segnalazione all’ARP per togliere loro i figli. All’interno del centro c’è un infermiera che per ogni dolore consiglia paracetamolo e pastiglie, in sua assenza invece, durante la notte, è la Securitas che decide come trattare i casi di dolori o malattie. Ad una persona che stava particolarmente male, continuavano a somministrare paracetamolo. Quando poi, non riuscendo più a sostenere la sofferenza, si è recata all’ospedale, le è stata diagnosticata una polmonite.

C’é inoltre una grande facilità a somministrare psicofarmaci soprattutto alle donne che devono sottostare all’imposizione del medicamento. In caso poi di segnalazione di eventuali effetti collaterali, viene loro detto che devono assuefarsi, con la minaccia che potranno essere rinchiuse a “Mendrisio”. Gli esempi e le testimonianze sono infinite, basterebbe soltanto ascoltare le voci di chi in queste strutture è costretto a viverci…

Alle redini di questo sistema di tortura, isolamento e segregazione ci sono Paolo Beltraminelli, Carmela Fiorini (capo servizio ufficio del sostegno e dell’azione sociale, settore richiedenti l’asilo DSS Ticino). La stessa che, mentre costringe e ricatta le persone nei bunker (“se non ti piace come funziona qui, puoi sempre tornartene da dove sei venuto” – vedi opuscolo “Il sangue delle cimici”) se ne va a Bormio con i soldi dell’Argo 1. Renato Bernasconi (direttore della Divisione cantonale dell’azione sociale e delle famiglie), pure lui coinvolto e assolto nello scandalo Argo1 e la SEM con i suoi funzionari come Micaela Crippa (responsabile del CRP di Chiasso), e Pedrioli, Bezzola e De Maria solo per citare alcuni nomi, il cui compito è negare ogni possibilità di asilo, scoraggiando anche le persone con le situazioni più difficili: vittime di guerre, di violenze, minorenni non accompagnati, ragazzi scappati dall’obbligo del servizio militare in paesi di guerra, rifugiat* politic*, ecc.

Sono gli stessi personaggi che conducono audizioni che non tengono minimamente in considerazione le testimonianze delle richiedenti l’asilo: ad esempio le persone vengono spesso accusate di “inventare” le loro storie perché non in possesso di prove tangibili, additando come falsi anche certificati di nascita e le carte d’identità per i/le minorenni. Vengono inoltre effettuati test di determinazione dell’età che nessun medico ritiene validi, nei quali c’è un margine di errore che va fino a 3 anni (per cui già dei/delle 15enni potrebbero essere considerati/e 18enni).

Altri responsabili di queste politiche disumane sono ad esempio Josiane Ricci (direttrice della sezione migrazione della Croce Rossa Ticino) che promette miglioramenti delle condizioni nel bunker mentre gli unici cambiamenti sono più minacce e restrizioni, Renato Lambert (responsabile del bunker di Camorino) e Antonio Vicandia ( responsabile del centro di Cadro) che con le loro false promesse, i ricatti e le violenze psicologiche alimentano un clima di continua tensione all’interno delle strutture Oppure i vari dottori incaricati dal cantone che invece di fornire cure adeguate, imbottiscono di psicofarmaci, negando ogni possibilità di cura reale.

.Al guinzaglio della parte amministrativa, ecco infine la parte securitaria, il braccio violento: gli sbirri delle agenzie private come la Securitas, pronti a minacciare e picchiare chiunque non chini completamente il capo, o gli stessi sbirri della cantonale (senza dimenticare le guardie di confine) che non perdono occasione per controllare, picchiare, minacciare, perquisire e fare pressione su tutt* coloro che non rientrano nei canoni della bianchitudine. In modo particolare su tutte quelle persone confinate nei centri in posizioni di assoluto ricatto in un sistema di controllo e annientamento.

Per non parlare della Caritas, che arruola manodopera pagata da 1 a 8 fr all’ora per riparare le stesse biciclette recuperate dalle donazioni e che poi rivenderà a 50.- negli stessi centri. O dell’ORS azienda privata attiva in tutta la svizzera e in Europa che si occupa della gestione della maggior parte dei nuovi centri federali, recludendo le persone in veri e propri lager, schiavizzandole con lavori sottopagati, infantilizzandole nel controllo totale di tutti gli aspetti della giornata, sedandole somministrando psicofarmaci e sminuendo ogni dolore proprio come fa Croce Rossa nei campi cantonali. O come non citare infine SOS Ticino che, nonostante si vanti per il suo operato in favore delle persone migranti, si accaparra il mandato per la rappresentanza legale nei nuovi centri federali, in un sistema in cui gli avvocati vengono pagati in base ai casi affrontati e non alle ore di lavoro (conseguenza meno ricorsi, meno tempo perso = più soldi guadagnati e nessuna possibilità di ottenere risposta positiva alla richiesta d’asilo) assicurando 12 avvocati e avendone a disposizione soltanto 4 (affermando che tanto i flussi migratori diminuiranno)

E chiaramente lassù in cima alla piramide di tutto questo controllo e repressione, ecco il punto nero che più in questi anni ha lavorato e ha fomentato queste politiche di chiusura e di esclusione in Ticino: Norman Gobbi, probabilmente l’uomo politico più votato in Ticino, il cui particolare astio per qualsiasi forma di diversità è purtroppo noto e assodato. Lo stesso squallido personaggio che ancora pochi anni fa richiedeva la costruzione di un muro al confine tra Chiasso e Italia, minacciando l’intervento dell’esercito e continuando a fomentare il terrore di una possibile invasione barbarica dalle coste del mediterraneo.

Sebbene tutto questo schifo continui ad emergere, i protagonisti coinvolti continuano a dormire sogni tranquilli, come se nulla fosse, continuando a dare altri giri di vite, reprimendo, ricattando, creando tensioni e annientando ancor di più tutte le persone sotto il loro giogo.

DIVENTIAMO IL LORO PEGGIORE INCUBO

R-esistiamo@riseup.net