Un resoconto della protesta del 25 agosto a Camorino

Riceviamo e diffondiamo:

Finalmente siamo fuori, mi mancava l’aria”  (Un agente di polizia ad un collega dopo un’ora passata nell’atrio del bunker…)

Sabato 25 agosto in mattinata una cinquantina di persone si sono date appuntamento al campo di calcio di Camorino, nell’ambito degli incontri lanciati dal Collettivo R-esistiamo che da ormai qualche mese si svolgono per esprimere solidarietà e rompere l’isolamento delle persone richiedenti l’asilo rinchiuse nel bunker sotterraneo della Protezione Civile, gestito dalla Croce Rossa.

Questo sabato però, dopo il pranzo, si è deciso di partire in direzione del bunker con un corteo spontaneo e rumoroso, con slogan e tamburi, striscioni, volantini e megafono. Arrivatx all’entrata che si trova nell’area del complesso di edifici della polizia cantonale a Camorino, dopo alcuni interventi al megafono e aver appeso gli striscioni, si è entratx nel centro per constatare con i propri occhi le condizioni dello stabile di cui si è parlato molto nelle scorse settimane in seguito ad un comunicato stampa di un gruppo di persone solidali e ad immagini video girate di nascosto che sono finite sui media ticinesi.

All’arrivo di decine di persone nei primi locali del bunker, è parso chiaro che né le tre guardie di Securitas e Croce Rossa, né tanto meno la polizia, si aspettavano questa visita. In effetti, il diligente impiegato della Croce Rossa ha chiamato immediatamente gli sbirri, che sono accorsi in una ventina sia dentro che all’esterno, impedendo l’accesso ai dormitori, ai bagni e alla mensa, e fermando e controllando i documenti agli/alle altrx solidali che stavano tentando di raggiungere la protesta.

Ben presto negli atri del sotterraneo si è creata una situazione di stallo in cui i/le solidali hanno occupato i locali e si è fatto pressione per poter parlare con le persone responsabili della struttura, ovvero tale Josiane Ricci, direttrice della sezione sottoceneri della Croce Rossa e Renato Bernasconi, direttore della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie.

Nel frattempo i due dipendenti della Croce Rossa presenti nel bunker si sono nascosti chiudendosi in un ufficio. In un primo momento, la signora Ricci, si è rifiutata di scendere sottoterra, aspettando l’arrivo del responsabile Renato Bernasconi, il quale, ha inscenato un “visita guidata” per accertarsi della veridicità delle critiche giunte da più parti nelle ultime settimane e dalle persone che da anni sono costrette a viverci sulle condizioni del luogo (cimici nei letti, sovraffollamento, aria soffocante tra i 29 e 33 gradi, cibo avariato, acqua giallastra, minacce e ritorsioni da parte dei securini,…).

Se i responsabili del bunker e gli sbirri mostravano chiaramente astio rispetto a noi e alla nostra visita, gli abitanti del bunker erano di tutt’altro avviso. Hanno espresso più volte approvazione nel condividere la loro situazione, affermando che seppur vivessero lì da più di un anno, nessunx sia mai andatx a trovarlx, ribadendo di conseguenza l’importanza di spezzare l’isolamento. Poiché il destino delle persone in stato di NEM (non entrata in materia) è di rimanere in un limbo, in cui da una parte non viene accettata la richiesta d’asilo, dall’altra però gli accordi per la deportazione col paese d’origine non esistono. Quindi ci si ritrova in balia delle varie istituzioni, venendo rimbalzati/e da un bunker, a un carcere, a altri centri, senza alcuna via d’uscita, alcuna prospettiva e alcuna speranza di una vita serena. Il “problema” è esistere, la “soluzione” è la segregazione, fine pena mai.

Diversx solidali hanno messo in chiaro infatti che oltre al bunker, è la politica migratoria stessa della Svizzera ad essere fondata sul razzismo, la segregazione e l’ isolamento.

In seguito, su pressione della responsabile della Croce Rossa, la polizia ha intimato a tuttx i/le presenti a dare i documenti per poter uscire.

Con questa giornata, seppur per qualche istante, si è rotto l’isolamento nel quale lo Stato relega le persone richiedenti l’asilo in Svizzera, cercando in ogni modo di isolarle dal resto della popolazione. Mettendo in pratica una protesta solidale spontanea ed auto-organizzata, la maschera dell’accoglienza umanitaria svizzera e di istituzioni come la Croce Rossa viene a cadere e rivela la sua vera natura, un grande business fatto di autoritarismo, segregazione e razzismo. La reazione dei responsabili del bunker e degli sbirri al semplice fatto che alcune persone abbiano voluto visitare un “centro di accoglienza”, la dice lunga sul marcio che si nasconde dietro al regime migratorio svizzero e a tutti i suoi attori.

I bunker ed i centri di accoglienza di qualsiasi tipo sono dei veri e propri non luoghi dove si alternano esclusione e reclusione, spazi in cui le persone vengono infantilizzate e tenute in condizioni di semi-prigionia e segregazione razziale, solo perché sprovviste del “pezzo di carta giusto”, e per questo devono essere chiusi. Fino alla fine di ogni bunker, ogni prigione e ogni confine!

Alcunx nemicx di ogni frontiera


Testo del volantino distribuito il 25 agosto:

SPEZZIAMO L’ISOLAMENTO!

Quella che viene chiamata accoglienza è in realtà un sistema di segregazione, prigionia e di isolamento.

Negli ultimi tempi, in Ticino, si è parlato molto della situazione dei centri e alloggi dove le persone che non possiedono documenti ritenuti validi sono costrette a vivere. Basta solo avvicinarsi a bunker come quelli di Camorino o Stabio, o edifici come quelli di Paradiso o Cadro, per capire le condizioni in cui degli esseri umani sono costretti/e a vivere. Perquisizioni all’ingresso, coprifuoco serale, mancanza di finestre, caldo soffocante in camerate sovraffollate senza alcuna privacy, cimici nei letti, cibi scadenti, obbligo di pernottamento per ricevere l’indennizzo giornaliero (3 franchi), ricatti, umiliazioni e violenze da parte di agenti di sicurezza e polizia sono all’ordine del giorno.

In questo paese succede che delle persone vivono sotto terra, lavorano a strappare erbacce per 20.- al giorno, vengono incarcerate per 1 anno e mezzo solo perché non hanno un documento.

I partiti politici e mass media cercano di alimentare una guerra fra sfruttati, in cui la persona migrante è vista come una minaccia o una piaga che pesa “sulle tasche dei/delle contribuenti”. In realtà il regime migratorio svizzero è una macchina da soldi, i cui ingranaggi sono le aziende detentrici dei mandati che ne traggono enormi profitti e dove a rimetterci sono sempre e comunque le persone migranti.

I proprietari delle strutture “d’accoglienza”, le agenzie di sicurezza come SECURITAS, chi si occupa degli alloggiamenti e dei lavori di pubblica utilità (pagati 3 franchi all’ora) come ORS, CARITAS e CROCE ROSSA e tutti coloro che collaborano con questo sistema migratorio, lucrano sulle vite di queste persone. Se da una parte si alimenta il razzismo con il terrorismo psicologico, dall’altra c’è chi guadagna grandi cifre mascherando prigionia, sfruttamento e segregazione con la millantata accoglienza. Senza dimenticare chi rende possibile tutto questo scrivendo leggi e regolamenti disumanizzanti e che con un timbro decide del destino di altri esseri umani emanando decreti di “non entrata in materia”(NEM) e di espulsione: la Segreteria di Stato della Migrazione (SEM) e i partiti politici complici ed artefici della politica migratoria svizzera.

Bisogna contrastare questo sistema, le aziende che ne traggono profitto, chiunque voglia negare la libertà a ogni essere umano e cominciare a spezzare l’isolamento: parlare con le persone che vivono in questi centri potrebbe essere un inizio per rendersi conto di come funziona realmente e creare in seguito lotte contro le frontiere, per la libertà di movimento e in solidarietà con le persone migranti.

Da sempre esistono esseri umani che migrano e quelli che oggi, nel sistema capitalista in cui viviamo, riescono a varcare le frontiere della fortezza Europa, fuggono dalle condizioni di vita intollerabili create dalla sete di potere di Stati e multinazionali, ossia guerre, saccheggio delle risorse e sfruttamento delle popolazioni. La storia si ripete, e oggi più che mai il fatto che la ricchezza di alcuni si fonda sullo sfruttamento di altri/e è sotto gli occhi di chiunque abbia l’onestà di vedere. Il colonialismo non è un retaggio di un triste passato, ma ha solamente cambiato faccia.

Solidarietà con le persone migranti, contro ogni razzismo, ogni isolamento, ogni frontiera.