Riceviamo e diffondiamo:
Ieri sera, alle ore 18 del 29 novembre, è stata fatta una protesta davanti alla biblioteca cantonale di Bellinzona da parte del gruppo ZIE (Zoccol* Insorgenti Esplosiv*); con il sostegno di persone solidali alle lotte transqueerfemministe.
Poiché è sempre più frequente da parte delle istituzioni il recupero e la strumentalizzazione di lotte e tematiche come queste, abbiamo voluto urlare il nostro dissenso per la presenza del Feldmaresciallo Norman Gobbi, invitato ad introdurre la presentazione del libro “Uomini Normali. Maschilità e violenza nell’intimità.” un libro sulle violenze di genere.
NON ABBIAMO PERMESSO A UN UOMO COME LUI DI PARLARNE TRANQUILLAMENTE RIGUARDO QUESTA TEMATICA.
Questo fino a quando sono comparsi una ventina di sbirri, accorsi per difendere l’ormai pallido e meno sicuro del solito consigliere di stato.(Delle voci dicono di averlo visto durante la serata assai nervoso)
Forse chissà, l’impotenza di non poter fare nulla tranne che rintanarsi dietro la porta sbarrata della biblioteca, lo ha colpito
nell’orgoglio.
CONTRO LA POLITICA DEL DOMINIO
SI AD UNA VITA AUTODETERMINATA
Di seguito il testo del volantino distribuito durante la protesta:
NORMAN GOBBI, LURIDO FASCISTA, È CONTRO DI TE LA LOTTA FEMMINISTA
Inquietanti non sono tanto i dati sui femminicidi o i casi di violenza sulle donne, quanto il fatto di dover ancora dedicare una giornata internazionale al tema perché se ne parli.
Ma ancora più inquietante è che per farlo si interpelli un personaggio che fomenta odio e violenza tramite le posizioni di un partito che si professa apertamente razzista, anche attraverso le pagine del suo ‘Mattino della domenica’ dove, in modo becero e indegno, si attribuisce agli stranieri la responsabilità degli atti di violenza sulle donne, scrollandosi con scioltezza qualsiasi responsabilità dalle spalle.
Con gli stessi argomenti si strumentalizza la lotta femminista, pretendendo di darle una forma nazionalista e suprematista.
Norman Gobbi, protettore della famiglia tradizionale, nucleo in cui spesso si cova frustrazione, rabbia e insoddisfazione, che si rivelano il terreno fertile per gli abusi e le violenze. Luoghi in cui troppo spesso ancora l’uomo esercita una posizione di potere sulla donna.
Norman Gobbi, che fomenta lo stato di polizia e l’esercito, in cui ipocritamente offre alle donne ruoli di potere che dovrebbero rappresentare la loro “emancipazione”.
Non siamo disposte ad accettare che un personaggio di questo tipo pretenda di parlare per noi, promuovendo delle leggi tramite le quali non ci interessa essere tutelate. Non possiamo, pensando alla violenza protratta sulle donne, tollerare atteggiamenti fascisti e xenofobi – né la loro banalizzazione – poiché rappresentano e veicolano una legittimazione della supremazia di un genere, di una nazione, di un essere sull’altro. Nei processi migratori le donne subiscono, insieme a tutti i soprusi di cui sono vittime tutte le persone in questa condizione, anche violenze sessuali o la costrizione alla prostituzione.
E anche qui in Ticino, le donne subiscono violenze nei vari centri per richiedenti asilo: minacce, pressioni, incertezza, violenze e deportazioni sono all’ordine del giorno…e Gobbi – l’innominabile – ne è responsabile!
Non abbiamo bisogno di lui, del suo stato di polizia o di alcuna istituzione di questo sistema patriarcale. Non ci sentiamo difese da chi sguinzaglia una polizia violenta a difesa di questo stato di cose, come nell’assurdo e spropositato dispiegamento di forze per una manifestazione come quella dell’8 marzo scorso, in cui a una parte di popolazione, organizzata in un corteo autodeterminato e ribelle, è stato impedito di attraversare le strade di Lugano per esprimere il proprio dissenso a patriarcato, razzismo e islamofobia.
Proprio in quell’occasione molte donne sono state toccate, spintonate, picchiate, insultate da agenti di polizia maschi. Non abbiamo bisogno di loro, perché non vogliamo delegare la nostra difesa a nessuno. Rifiutiamo la posizione di vittime indifese e crediamo nella possibilità di autodifenderci, di cambiare dal basso autoorganizzandoci e basandoci sull’autocoscientizzazione e la responsabilizzazione individuale, attraverso forti reti di solidarietà. Per farlo è necessario anche esprimere la nostra rabbia – sentimento sistematicamente concesso all’uomo, legittimato del potere di opprimere una donna – e usarla per combattere sessismo, razzismo, omofobia, transfobia, capitalismo e patriarcato.
Quando alziamo la voce, siamo scomode. Quando impariamo a difenderci, siamo scomode:non ci interessa e continuiamo la nostra lotta intersezionale e soprattutto autodeterminata!
MI DIFENDONO LE MIE AMICH* NON LA POLIZIA!
ZOCCOL* INSORGENTI ESPLOSIV*