Libia – Video sul massacro del 6 Novembre e sulle responsabilità della Guardia Costiera libica

Fonte: RoundRobin.info

Una settimana fa abbiamo avuto un’ennesima dimostrazione di come la Guardia Costiera libica non sia altro che il cane da guardia della Fortezza Europa, il cui compito non è di salvare i naufraghi ma quello di fare lo sporco lavoro di impedire ai migranti di lasciare vivi la Libia. La Guardia Costiera Libica attualmente viene addestrata dalla Forza Navale Europea, in base ad un accordo firmato dall’Ammiraglio Enrico Credendino e dal commodoro Abdalh Toumia, comandante della Guardia Costiera libica.

Il 6 novembre a 30 miglia dalle coste libiche in acque internazionali un gommone con 145 migranti a bordo inizia ad imbarcare acqua. Arrivano la nave di una ONG tedesca e la Guardia Costiera libica, ci sono già cadaveri in mare. La Guardia Costiera libica posizionata vicino al gommone non risponde agli appelli radio dell’ONG, ma anzi invece di darsi da fare per salvare i migranti rivolve improperi e lancia oggetti contro i volontari che salvano i migranti lontani dal gommone per impedirgli di avvicinarsi.

I migranti che riescono nonostante la prostrazione a salire sulla nave libica, vengono accolti da insulti, minacce se non pugni, calci, frustate e bastonate, destinati in particolare a quelli che vogliono andare dall’ONG tedesca perchè hanno visto i loro figli, i loro figli, il suo compagno o il suo compagno sui gommoni dei volontari o perché non vogliono tornare nei campi in Libia dove gli aspettano torture e pestaggi. Uno dei migranti sulla nave libica, vista la moglie dall’altra parte, lotta contro i marinai e si cala giù, allorché la nave della Guardia Costiera parte con l’eliche a piena potenza consegnando l’uomo ad un destino incerto.

Sul luogo del massacro erano presenti anche un elicottero della Marina italiana e una nave da guerra francese che non hanno mosso un dito, salvo al termine della situazione esprimere qualche poco credibile rimbrotto formale verso i libici.

Si stimano più di 50 morti, tra cui un bambino di due anni e mezzo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: RoundRobin.info

Il 6 novembre a 30 miglia dalle coste libiche in acque internazionali un gommone con 145 migranti a bordo inizia ad imbarcare acqua. Arrivano la nave di una ONG tedesca e la Guardia Costiera libica, ci sono già cadaveri in mare. La Guardia Costiera libica posizionata vicino al gommone non risponde agli appelli radio dell’ONG, ma anzi invece di darsi da fare per salvare i migranti rivolve improperi e lancia oggetti contro i volontari che salvano i migranti lontani dal gommone per impedirgli di avvicinarsi.

I migranti che riescono nonostante la prostrazione a salire sulla nave libica, vengono accolti da insulti, minacce se non pugni, calci, frustate e bastonate, destinati in particolare a quelli che vogliono andare dall’ONG tedesca perchè hanno visto i loro figli, i loro figli, il suo compagno o il suo compagno sui gommoni dei volontari o perché non vogliono tornare nei campi in Libia dove gli aspettano torture e pestaggi. Uno dei migranti sulla nave libica, vista la moglie dall’altra parte, lotta contro i marinai e si cala giù, allorché la nave della Guardia Costiera parte con l’eliche a piena potenza consegnando l’uomo ad un destino incerto.

Sul luogo del massacro erano presenti anche un elicottero della Marina italiana e una nave da guerra francese che non hanno mosso un dito, salvo al termine della situazione esprimere qualche poco credibile rimbrotto formale verso i libici.

Si stimano più di 50 morti, tra cui un bambino di due anni e mezzo.