La scia razzista della pandemia

Autore: LM

La diffusione delle prime notizie sull’epidemia causata dal nuovo coronavirus in Cina è stata subito accompagnata da un rigurgito di discorsi razzisti anti-cinesi ed anti-asiatici. L’idea di fondo latente nell’immaginario comune occidentale è stata sintetizzata senza mezzi termini dal presidente leghista della Regione Veneto Luca Zaia. A fine febbraio, vantandosi della buona gestione della crisi nella sua regione e facendo un confronto tra il“popolo” cinese e quello italiano, il governatore ha suggerito che le cause del coronavirus sarebbero dovute ad un fattore culturale: la mentalità che ha il nostro popolo a livello di igiene è quella di farsi la doccia, di lavarsi spesso le mani. L’alimentazione, il frigorifero, le scadenze degli alimenti sono un fatto culturale, ha affermato Zaia nel corso di un’intervista all’emittente Antenna Tre-Nord Est. Secondo Zaia, la Cina ha pagato un grande conto di questa epidemia che ha avuto perché li abbiamo visti tutti mangiare i topi vivi1…

I pregiudizi ed il razzismo dell’Occidente contro la Cina ed i suoi abitanti hanno origini ben più antichedella SARS e del coronavirus. L’idea secondo cui i/le cinesi fossero “sporchx” o non avessero una buona igiene erano già diffuse durante le cosiddette Guerre dell’Oppio nell’1800, tra l’Impero Britannico e la Cina, periodo in cui quest’ultima era chiamata the sick man of East Asia. Purtroppo, i danni alla salute erano provocati proprio dai mercanti britannici conl’introduzione massiccia dell’oppio ad uso ricreativoin Cina a livelli mai visti prima, con le conseguenti ricadute sanitarie e sociali.

Questa stigmatizzazione prese un’altra dimensionecon l’immigrazione cinese negli Stati Uniti alla fine del XIX secolo, quando i/le immigratx cinesi venivano associatx ad una scarsa igiene e consideratx portatori/trici di malattie. Non è un caso che proprio qualche settimana fa il titolo di un articolo del Wall Street Journal abbia causato scandalo in Cina e altrove per la sua connotazione razzista e l’evidente richiamo storico: China is the real sick man of Asia.In Canada, nello stesso periodo, erano parecchio diffusi i ristoranti gestiti da bianchi che si facevano pubblicità affermando di non impiegare manodopera cinese. Uno di questi ristoranti, nella città di Victoria dichiarava: lo stomaco di una persona dai gusti raffinati dovrebbe rivoltarsi alla sola idea che il proprio pasto sia stato cucinato da un cinese2. Questa percezione dei/delle cinesi quali antigienici/che spesso derivava dalle reali condizioni di vita nelle Chinatowns. I/leimmigratx cinesi vivevano in condizioni di povertà e sovraffollamento: migliorare le condizioni di vita diquesto bacino di manodopera a basso costo non era una priorità delle autorità. Ed è proprio a causa della povertà che queste comunità erano confrontate con un tasso di malattie contagiose elevato, inclusa la tubercolosi. Viene attribuito al Kaiser Guglielmo II l’invenzione del termine dispregiativo “formicaio asiatico”. Il Kaiser faceva parte della lega europea contro la Cina (1900), creata nel tentativo di creare un fronte unito di tutte le potenze coloniali europee con possedimenti in Asia nel tentativo di fermare la crescita del Giappone e della Cina, definita “pericologiallo”. Tra i governanti europei c’era l’ossessione per cui i popoli dell’Asia potessero superare i bianchi e diventare i nuovi padroni del mondo, capovolgendo la visione dominante in Occidente e ribaltando il ruolo di colonizzato e colonizzatore. Questa paranoia colonialista si è poi espressa nella cultura e nella letteratura per tutto il XX secolo fino ai giorni nostri, e con l’emergenza della Cina come potenza economica non è certo scomparsa dall’inconscio collettivo occidentale. Questi sono solo alcuni esempi del retro terra in cui si inseriscono gli attuali discorsi sul coronavirus e in cui trova terreno fertile una retorica razzista contro tutto ciò che da un punto di vista eurocentrico viene considerato “asiatico” o “cinese”, usando questi termini in maniera indifferenziata e dimenticandosi che l’Asia è un continente con centinaia di culture diverse e decine di nazioni. Ma senza dubbio la storia del colonialismo europeo in Asia dal XVI al XX se-colo è ben più lunga e complessa ed esula dallo scopo di questo breve testo (oltre alle già citate Guerre dell’Oppio, l’Inghilterra in India, la Francia nell’allora“Indocina” in Vietnam, le forze internazionali tra cui gli italiani in Cina agli inizi del ‘900…). Come non pensare inoltre al periodo della guerra fredda con Hiroshima e Nagasaki e poi la guerra del Vietnam…Chi pensa che la storia non abbia nulla da insegnare sul presente dovrebbe chiedersi come mai in queste settimane in varie parti del mondo il virus del razzismo anti-cinese ed anti-asiatico si sia ravvivato seguendo passo a passo il SARS-covid19. Donald Trump che parla del “virus cinese”, la prima pagina del quotidiano francese Le Courrier Picard che a caratteri cubitali titola “Allerta gialla” (con titolo alternativo “Nuovo pericolo giallo” sulla sua versione online), le decine di aggressioni fisiche e verbali in strada in Europa, Stati Uniti, Australia e altre partidel mondo contro gruppi o individui etichettati come“cinesi” o “asiatici” e un clima generale di xenofobia e paranoia diffusa hanno provocato ovunque un’impennata dei sentimenti nazionalisti. Come giàin moltx hanno scritto altrove, la paura del virus, e di chi nell’immaginario comune lo incarna, ha seguito una dinamica simile ad altri tipi di stigmatizzaione contro altri gruppi sociali come nell’esempio dell’islamofobia fomentata dalla retorica imperialista della “guerra al terrorismo”. Un segno viene usato per classificare (burka, occhi “a mandorla”, mascherina?) e per stigmatizzare un insieme di esseri umaniconsiderati diversi dall’ “universale uomo bianco” e quindi una minaccia, portatori di malattie e tradizioni diverse che potrebbero infettare le nazionie i corpi dell’Europa. Cosa ancora più assurda è il fatto che si stia parlando di un virus, per sua natura incontrollabile, e a cui non intressano né bandiere, né frontiere, né culture, né classi sociali. Ma si sa che fomentare l’odio per un nemico esterno e la guerra tra poveri sono armi infallibili che lo Stato usa per garantire ordine ed obbedienza tra i propri sudditi, specie nelle situazioni critiche. E la cronaca di queste settimane ci fornisce parecchi esempi, tra inni nazionali cantatialle finestre, tricolori al vento, militari nelle strade eappelli all’unità della Patria…

In Italia, Francia, Stati Uniti ed altre parti del mondo diverse persone cinesi o di altri paesi asiatici, sia immigrate che di seconda generazione, hanno preso la parola con varie iniziative per prendere posizione contro il razzismo diffuso nei loro confronti. In Francia, è stata creata online la pagina “je ne suis pas un virus” (“non sono un virus”), che denuncia […] il processo di razzializzazione che viene fatto su questo virus, ma sappiamo bene che il virus non ha nazionalità[…]Il testo è stato scritto da una persona adottata che ha preferito rimanere anonima perevitare di essere presa ulteriormente di mira dal razzismo anti-asiatico:[…] ho l’impressione che in maniera generale, anche negli ambienti militanti decoloniali, il razzismo anti-asiatico spesso venga minimizzato, o addirittura non venga preso inconsiderazione. Le persone asiatiche non sono delle persone bianche, contrariamente a quello che mi è stato detto e contrariamente a ciò che questa crisi sta rivelando. La storia coloniale ha un impatto ancora oggi sul vissuto delle persone asiatiche e “asiatizzate”.Ed il mito della comunità modello permette anche al potere bianco di creare divisioni tra le comunità3. Un aspetto ancora più eclatante in questo caso è stato osservare che nel corso delle settimane, manmano che si diffondeva il virus, leghisti e razzisti di ogni tipo hanno dato una dimostrazione da manuale dell’assurdità e del ridicolo delle loro tesi cardine, nonche ce ne fosse bisogno in realtà… Quando i casi di coronavirus erano emersi solo in Cina, in Europa e nel resto del mondo l’appestatx era qualsiasi persona di aspetto “cinese” o “asiatico”, quando è arrivato a Codogno, tuttx avevano paura dei e delle abitanti del paese del Basso Lodigiano, poi quando è stato il turno della Lombardia intera, nel resto d’Italia per una volta gli stereotipi ed il razzismo Nord-Sud si sono ribaltati, gli sporchi ed infetti erano i“polentoni” e non più i “terroni”.Anche in Ticino si è venuta a creare una situazione quasi tragicomica. Chi invocava la chiusura delle frontiere con l’Italia si è ben presto resx conto che senza i tanto odiati “frontalieri” non ci sarebbero state abbastanza braccia per far funzionare gli ospedali, le case anziane e le cure a domicilio per “i nos vecc…”. E quindi subito a precisare che le frontiere sarebbero rimaste aperte “solo a chi ha un permesso di lavoro valido, nel settore della sanità”…del tipo: se ci servi bene se no vai a quel paese…Ancora più ridicola la frase dello striscione appeso da un gruppo di ultras dell’Hockey Club Lugano, i Ragazzi della Nord (RdN), che diceva “medici ed infermieri, onore di questa nazione”, quando tuttx sanno che moltx medicx ed infermierx che lavorano in Ticino sono italianx, presx di mira settimanalmente dalle invettive del fascioleghismo nostrano da ventanni a questa parte… chissà se attaccato ad un respiratore e accudito da unx infermiere “frontalierx” uno di questi energumeni non si renderebbe conto di avere torto… Nel frattempo, con i primi casi di contagio in Ticino, qualcuno a nord delle Alpi ipotizzava addirittura la chiusura del Gottardo e in un’università in Svizzera tedesca degli studenti facevano girare sui social media messaggi di dubbio gusto a favore del divieto di accesso alle mense agli studenti (ti)cinesi.

Invece di seguire acriticamente le parole dei capi diS tato che ci vogliono arruolare nella guerra contro il“nemico invisibile”, è importante ragionare e confrontarsi collettivamente per capire in che modo i nostri di nemici, i nemici di chi vuole un mondolibero per tuttx, in questo momento, si stanno muovendo, e come stanno approfittando della paura della gente per far passare qualsiasi misura tesa a rafforzare il dominio ed il controllo. Il razzismo, la paura e l’odio del “diverso”, il rafforzamento delle frontiere, sono solo alcuni aspetti del problema. Spetta a noi trovare i modi e la forza per non lasciarci contagiare dall’obbedienza e dalla delega della nostre responsabilità in quanto esseri umani ad un sistema che ogni giorno con le sue bombe, le sue nocività e cosidetto progresso tecnologico, le sue politiche economiche e la devastazione ambientale causa più morti umane ed animali di qualsiasi virus mai nato sulla terra.

1: https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2020/02/29/zaia-i-cinesi-mangiano-topi-vivi-lira-dellambascia ta10.html

2: https://www.aljazeera.com/indepth/opinion/sinophobia-won-save-coronavirus-200208165854849.html

3: twitter.com/hashtag/JeNeSuisPasUnVirus